Nuova società per l’A.C. Cervinara

Riparte l’A.C. Cervinara dopo la parentesi triste degli ultimi giorni che ha visto la vecchia società consegnare i documenti societari all’amministazione comunale Tangredi. Dal comunicato pervenuto dalla casa comunale si legge che a seguito di una riunione tenuta presso il comune, con simpatizzanti ed imprenditorii si è definita una nuova compagine sociale che vede nuovo Presidente della squadra Perone Franco.

La sede legale è in via Rettifilo presso i locali della protezione civile di Cervinara. Seguirà un nuovo comunicato con la nomina delle altre cariche sociali. Già questa sera ci sarà una seconda riunione presso la sede legale per versare i primi contributi a sostegno della squadra che avraà in questo modo i mezzi per concludere il campionato e porre le basi per una strategia di crescita per l’anno prossimo. L’amministrazione comunale si sta rendendo disponibile ad offrire ogni tipo di collaborazione affinchè la storia dei colori di questa squadra, prima come Audax e poi come A.C. Cervinara, ritorni  alle antiche glorie come nella tradizione.

 

audax1955.jpgL’Audax nacque nell’anno 1912, secondo la voce popolare, che poi è diventata storica, benché non trovi conferma in alcun documento od atto ufficiale. Il calcio, comunque, divenne appuntamento fisso per gli sportivi cervinaresi nel 1948; quando l’allora piazza Mercato, ora villa comunale, si trasformava la domenica in campo di calcio. Gli incontri, però, erano amichevoli e l’avversario di turno, che il dr.Clemente sceglieva di volta in volta a seconda delle disponibilità, contendeva all’Audax la vittoria, che però non assegnava punti ne faceva classifica.
L’avventura calcistica dell’Audax in tornei ufficiali cominciò nel 1951 e si trascinò, per qualche anno, senza grossi risultati, anche perché in quegli anni, in prima divisione, militavano fior di squadre (per tutte, basti ricordare il Sanvito di Benevento) con le quali non era facile competere per organizzazione, esperienza e prezzi.
Nel frattempo, si andava completando a Ferrari il campo sportivo e con il contributo dei famosi “cantieri di lavoro” furono costruiti gli spogliatoi in muratura, senza doccia, però, le gradinate e il muro di recenzione.
L’inaugurazione del nuovo impianto era avvenuta nel 1953 con una partita amichevole contro una squadra di profughi polacchi ospitati a Capua, che rifilarono sei reti all’Audax, alla quale si disse che non aveva portato fortuna la benedizione che l’abate di S. Gennaro Don Antonio Girardi aveva impartito al terreno di gioco prima della partita. Il salto di qualità avvenne nel campionato 1956/57, quando la squadra sfiorò la vittoria nel campionato di prima divisione, classificandosi al secondo posto.
Quell’anno la squadra era allenata da Augusto Cocozza, che aveva militato a lungo in serie C, in squadre di rango e che ebbe il merito di introdurre allenamenti e schemi di gioco prima sconosciuti, che fecero grande la squadra, che, però, non ebbe fortuna, riuscì, però, a entrare nell’elite del calcio campano.
La vittoria giunse due anni dopo, nel campionato 1958/59. Da allora si sono susseguite promozioni e retrocessioni, cadute e risalite che hanno esaltato e abbattuto i tifosi e gli sportivi cervinaresi.
Ora l’Audax è ritornata tra le grandi del calcio campionato campano nel quale gli sportivi sperano che possa conservare a lungo un posto di rilievo. (Alfredo Marro 1996 da il Caudino)

 

Nuova società per l’A.C. Cervinaraultima modifica: 2011-02-15T10:57:00+01:00da terredibriganti
Reposta per primo quest’articolo

4 Responses

  1. angelantonio
    at |

    MANCANDO LA FIRMA NON SO A CHI RISPONDO. mA, AHIMè, DIRò LO STESSO LA MIA. iN PRIMIS,AI NUOVI AUGURO DI PORTARE ANCORA PIù IN ALTO QUESTA SQUADRA DI CALCIO CHE FA ONORE AL PAESE DI CERVINARA. pIù IN ALTO PERCHè FORSE NON SAI CHE L’ANNO SCORSO LO SQUADRONE PER UN SOFFIO HA MANCATO LA PROMOZIONE IN ECCELLENZA CON UN PUBBLICO CHE A SOLO VEDERE FA ONORE ALLA VECCHIA DIRIGENZA. lA VECCHIA DIRIGENZA, CON ME IN PRIMA LINEA, NON HA MAI VISSUTO MOMENTI TRISTI MA HA RICEVUTO SOLO PERSECUZIONI CHE HANNO FATTO MALE ALLA SQUADRA. cERTO LA MIA PERSONA NON MERITAVA TANTO. iL SOTTOSCRITTO HA SEMPRE DATO LUSTRO A QUESTO PAESE CON LA SUA EDUCAZIONE E RISPETTO PER TUTTI. iNOLTRE TI INFORMO CHE LA SQUADRA NON L’HO CONSEGNATA AL COMUNE MA MI è STATA RICHIESTA DALL’ING. RAGUCCI CHE STIMO NON POCO. sE POI VUOI FAR CREDERE CHE LA SQUADRA è DEL COMUNE TI SBAGLI DI GROSSO. pRIMA DI CONSEGNARE LA SQUADRA ALL,ING. HO AVUTO L’ULTIMA RISPOSTA NEGATIVA DALL’AMICO ED ASSESSORE vIOLA:” IL COMUNE NON HA SOLDI E NON PUò PERMETTERSI DI DARE CONTRIBUTI AL CERVINARA”. aBBANDONATO DA TUTTI NON POTEVO FAR ALTRO CHE ABDICARE. dARE IL CONTRIBUTO AL CERVINARA IN QUESTO MOMENTO SAREBBE COME AMMETTERE TUTTO QUELLO CHE PENSO. mI FERMO, CON LA SPERANZA CHE LA GRANDE E DIGNITOSA SOCIETà CHE HA FATTO CALCIO DAL 2006 AL 2011 NON DEBBA PIù RISPONDERE A PERSONE DISINFORMATE. TI ABBRACCIO

  2. umberto esposito
    at |

    IL CALCIO E LA MATEMATICA DI ONOFRIO GALLO- TRA FORMULE E RICORDI Molti si domandano se il gioco del calcio abbia o meno a che fare con la matematica, ma non essendo dei matematici non sanno rispondere a tale quesito. Secondo quanto riportato nel suo Codex Cervinarensis, il matematico italiano Onofrio Gallo ( n. 1946 a Cervinara, in Valle Caudina), già grande appassionato di base-ball in Venezuela (verso la fine degli anni ’50 del secolo scorso), una volta ritornato in Italia fin dagli inizi del 1957, del gioco del calcio diventò non solo un adepto dell’Audax di Cervinara ( famoso il centravanti Della Monica un goleador di razza, anche contro l’allora temibile Puteolana di Iaccarino e compagni) ma un fervente praticante. Al punto che nel 1963 sostenne un provino nella nascente Juvenapoli, diventata in seguito Internapoli, nelle cui fila militarono i grandi Beppe Wilson e Giorgio Chinaglia, poi diventati enrambi campioni d’Italia nel 1973-74 con la Lazio di Tommaso Maestrelli. Indovinate chi era il difensore centrale della squadra in cui tenne il suo provino (realizzando in dieci minuti di gioco perfino un gol in posizione di centravanti)il futuro matematico cervinarese? Beh, ve lo diciamo noi: Beppe Wilson! Pochi minuti nello stesso provino fece la sua apparizione in campo avverso Mario Gallo (classe 1944, morto a 39 anni per un incidente sul lavoro nel gennaio 1973), l’ultimo dei sette fratelli del padre di Onofrio, che scheggiò la traversa, nonostante in difesa vi fosse proprio Beppe Wilson! Ma il destino di Onofrio era segnato dai numeri e non dal calcio, anche se a quel tempo il matematico cervinarese avrebbe meritato di militare, come alcunisuoi compagni di gioco, per quanto mi consta personalmente, in una squadra di una certa importanza. Va segnalato che per il suo ruolo (mezz’ala sinistra, ma ambidestro), per la sua classe, per la sua visione di gioco, per la precisione nei passaggi e la facilità di palleggio, di dribbling e di goal, oltre che per la genialità in cabina di regia con il suo inconfondibile stile sudamericano, i suoi compagni di gioco ben presto lo soprannominarono “Pelé bianco”. Un ideale e meritato riconoscimento al suo valore calcistico. Debbo aggiungere che Onofrio Gallo è stato capocannoniere nel torneo studentesco organizzato nel 1965 dal suo Liceo e i suoi goals sono innumerevoli come possono testimoniare coloro che lo hanno conosciuto. A Cervinara tutti ricordano il torneo estivo del 1965 che vide in campo ben tre su quattro rappresentanti dei Gallo (l’indimenticabile zio Mario, i cugini Onofrio Luciano e Gennaro): in quell’occasione una fastidiosa pubalgia impedì la presenza in campo di Onofrio, ma la “squadra dei Gallo” che si avvaleva di Falzarano, Sellitto ed altri validi giocatori, vinse ugualmente il torneo “Il Progresso” e la relativa Coppa. Successivamente, a Napoli, il formidabile trio Ferraro-De Filippo-Gallo, facente parte di una squadra primavera, dopo aver ribaltato il risultato del primo tempo (3-0) in un sonoro 3-8 finale contro la squadra degli agguerriti salesiani del Don Bosco, fu invitata per un’amichevole di lusso contro la squadra del Soccavo, militante in quarta serie, che vinse solo di misura (2-1). Anche all’università il nostro prese parte a un torneo interuniversitario nella squadra dei matematici distinguendosi tra i migliori giocatori del torneo.Il calcio come i numeri, i numeri come il calcio. Sia il calcio che la matematica richiedono ordine, sensibilità, tecnica, applicazione durissima, disciplina e, a livello elevato, soprattutto genialità. Sono due discipline “parallele” coltivate in taluni casi anche da grandi matematici. Un esempio per tutti: il matematico danese Harald Bohr (1887-1951) (fratello del grande fisico Niels), giocatore della nazionale danese e vincitore nel 1908 di una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Londra. Per ironia della sorte sarebbe stato il matematico cervinarese a raccogliere “ idealmente” l’eredità di H. Bohr e di E, Landau, che, insieme, provarono alcuni importanti risultati relativi alla funzione zeta di Riemann ricorrendo ad alcune particolari applicazioni dell’Analisi Matematica alla Teoria dei Numeri, anche se non riuscirono a “dimostrare” la celebre Ipotesi di Riemann ( VIII Problema di Hilbert). Né vi riuscì alcuno seguendo le loro “orme”. Per dimostrare l’Ipotesi di Riemann non sarebbe mai bastato applicare l’Analisi alla Teoria dei Numeri, come avrebbe dimostrato per la prima volta al mondo nel 2005 lo stesso Onofrio Gallo, il “fuoriclasse” della Matematica, che, al pari di Harald, si è sempre dimostrato generoso nei confronti dei bisognosi.La conquista della vetta più alta in campo matematico (l”Everest” della Matematica, la dimostrazione dell’Ipotesi di Riemann) è stata possibile solo grazie al Teorema RH-Mirabilis di Gallo, tra i più eleganti e sicuramente il più conciso (solo sette righe) nella Storia delle Matematiche. Un’impresa eccezionale fondata sul suo geniale Teorema Z-Mirabilis: un teorema che rappresenta in modo sintetico la sua “Teoria degli invarianti relativi”, ottenuto partendo da una logica di tipo non standard. La stessa che sin dal 1993 gli aveva consentito di ottenere, per primo al mondo, la prima dimostrazione generale di tipo “diretto”, in solo sei pagine, del celeberrimo Ultimo Teorema di Fermat; la stessa che, in seguito, gli avrebbe consentito di ottenere numerosi risultati sbalorditivi sia in Algebra sia in Teoria dei Numeri. Ma, ritornando al calcio, non tutti conoscono le formule di Gallo in ambito calcistico per stabilire (al termine di una stagione calcistica) il valore, ripettivamente, di una squadra e di un allenatore di calcio. Le due formule di Gallo sono di tipo additivo: la prima prende in considerazione un certo numeri di indicatori espressi da valori relativi alla “rosa” dei giocatori, al comportamento dei giocatori, ai tiri e ai goals, al rendimento “seriale”, alla partecipazione ad altri tornei (Uefa o Champions), alla posizione finale (punteggio) e, last but not the least, ad alcuni dati relativi agli arbitraggi ottenibili mediante la moviola. Più o meno dello stesso tipo è la formula di Gallo che stabilisce il “valore” di un allenatore di calcio. Tali formule saranno pubblicate on line in occasione dello svolgimento dei futuri Campionati del Mondo di Calcio. Onofrio Gallo è convinto che un buon allenatore debba essere anche un buon matematico e che un ottimo allenatore, in linea di principio, perché no?. potenzialmente potrebbe essere anche un ottimo matematico, tenuto conto che gli schemi e le geometrie di gioco sono alla base delle strategie e delle tattiche vincenti messe in campo dagli allenatori più blasonati: nel passato più recente il “mago” Helenio Herrera, il “filosofo” Manlio Scopigno, Tommaso Maestrelli…fino agli odierni Sir Alex Ferguson, Josep Guardiola, Rafael Benitez, lo “special one”José Mourinho, André Villas-Boas, Fabio Capello, Carlo Ancelotti, Alberto Zaccheroni, Luciano Spalletti, Walter Mazzarri, Francesco Guidolin, Edy Reja, Luigi Delneri, Alberto Malesani, Delio Rossi. E, in conclusione, le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale ai tornei di calcio tra Robot non rientrano forse tra le interazioni tra la matematica, il calcio e la tecnologia? News a cura di Umberto Esposito per gentile concessione dell’Autore.

  3. umberto esposito
    at |

    MARADONA CHI E’ COSTUI?

    Nell’Autobiografia, che occupa un intero capitolo del Codex Cervinarensis del matematico cervinarese Onofrio Gallo, si trovano spesso riferimenti al gioco del calcio, una delle sue grandi passioni giovanili insieme al base-ball, oltre alla matematica, alla poesia, alla musica e…alla storia contemporanea.
    Le insolite e originali modalità “narrative” (anche nelle pagine “sportive”) di tale opera sembrano non solo echeggiare le virtù narrative di chi scrive di sport (ma non “per sport”, cioè per il solo gusto di …scrivere), ma in taluni passaggi addirittura affacciarsi con specifica icasticità e competenza, anche nei toni e nella scelta delle tematiche affrontate. Specie laddove si fa espresso riferimento “agli stilemi critici dei “sempiterni della cronaca e della critica sportive”, vale a dire “un certo Gianni Brera” e “un certo Sandro Ciotti”, radiocronista “a tutto campo” nella nota pluridecennale trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto”.Ed ecco alcune pagine tratte dalla citata Autobiografia del matematico cervinarese: “Gianni Brera (1919- 1992 per incidente stradale), scrittore, laureato in Scienze Politiche, giornalista della Gazzetta dello Sport e di varie altre importanti testate italiane, unanimemente riconosciuto tra i massimi giornalisti sportivi italiani del secolo XX, teorico del “catenaccio all’italiana” praticato con successo a quei tempi da molte squadre di club e da varie compagini nazionali e che ebbe l’unica sfortuna di pronosticare (in modo,sì, razionale, ma) negativamente il”cammino” dell’Italia di Enzo Bearzot in quel di Spagna, dove – appunto contro ogni pronostico- l’Italia di Bearzot si sarebbe invece laureata Campione del Mondo 1982!…
    Ma, a quel tempo, come non dare ragione a Brera a prima vista, tenuto conto che, dopo le prime due o tre partite iniziali, sarebbe stato giudicato certamente pazzo (gli Spagnoli usano il termine loco, i napoletani locco che deriva proprio da loco!) colui che avrebbe osato dare per “vincente” un Italia rattrappita, lenta, farraginosa nei movimenti, priva di un gioco fluido e “di squadra”, per cui sembrava di fatto destinata ad “uscire” ben presto dalla competizione mondiale. E ciò in virtù del fatto che in quell’”anteprima” l’Italia di Bearzot si mostrava succube e incapace di reagire al gioco avversario e altresì incapace di vivacizzare la sua manovra –soprattutto- offensiva. Un’Italia, però, che, con il passare dei giorni, molto gradualmente e altrettanto lentamente cominciò a manifestare un progressivo miglioramento e un continuo crescendo sia nella condizione fisica generale sia negli schemi e nella manovra di gioco. Un’Italia che, ad un certo punto, sisciolse -come per incanto- ritrovando gioco, schemi, duttilità difensiva e offensiva e un autentico goleador del calibro di Paolo Rossi, con gli apporti in crescendo dei vari Graziani, Tardelli, Cabrini, Causio, Altobelli, Bruno Conti e via dicendo. Un’Italia sostenuta e sospinta da centrocampisti del calibro di Orali e da difensori del calibro di Cabrini, Scirea e Collovati, e, in porta, da “un certo Dino Zoff” , oltre che da un entusiasmo dilagante e da una voglia di vincere sempre più convinta sia in campo che nello spogliatoio. Fattori positivi psicofisiologici che culminarono, in quella fatidica domenica 11 Luglio 1982, nella vittoria finale con un secco 3-1 sulla Germania Ovest di Kalle Rummennigge, dopo aver superato ( 3-2), adottando un micidiale gioco di contropiede, con una storica “tripletta” di un grandissimo Paolo Rossi, il temibilissimo Brasile dei vari Zico, Socrates, Falcao, Junior e Cerezo per non citare che i più noti tra i carioca.
    Ritornando a Gianni Brera, che si autodefiniva “figlio legittimo del Po”, e a Sandro Ciotti (1928-2003) , che si occupò anche di musica e di cinema e che fu per vari anni alla RAI, non è difficile affermare che essi – in campo calcistico e non solo- si elevano su una pletora di giornalisti professionisti di grande livello ancor oggi toccabili, per così dire, con mano. Brera e Ciotti spiccavano per lucidità di argomentazioni, per le profonde analisi tecnico-tattiche dei singoli (giocatori e allenatori) e dei collettivi (squadre e staff dirigenziali) e per sintetica chiarezza espositiva, nonchè per le continue invenzioni descrittive, non trascurando la poliedricità dei significati legati al singolo evento sportivo, mai visto in ambito ristretto, ma costantemente arricchito da riferimenti culturali i più vari e variegati possibili. E tutto ciò non solo in fase di “pre-cronaca”, ma persino in fase di radiocronaca diretta dell’evento “narrato” (che si trattasse di calcio e di altro), quasi sempre presentato – ed in questo Brera e Ciotti si ponevano in un certo senso quasi sulla stessa lunghezza d’onda- mai fine a se stesso, ma inquadrato simultaneamente su vari livelli e con tagli e valenze di significati che spaziavano dal calcio come fenomeno sociale di massa (mai omesso o messo da parte, neppure parzialmente), analizzato sia sul piano critico che fantastico. Si trattava di offrire una visione non comune del calcio, direi “globale”, che non tutti riescono ancor oggi a dare, in quanto non sempre pervengono a una siffatta visione. In tale ottica emergevano quasi spontaneamente, in modo naturale, ma conseguenziale al contesto, aspetti che, in generale, finivano anche per trascendere lo stesso evento sportivo oggetto della stessa cronaca (Brera) o radiocronaca (Ciotti). Dunque una specie di “calcio culturale” che emancipava lettori (nel caso di Brera) e radioascoltatori (nel caso di Ciotti)”… Facendo un passo indietro, devo necessariamente porre qualche premessa per mostrare in che modo mi sono appassionato gradualmente al gioco del calcio. Fino ai primi due mesi del 1957 la mia passione sportiva a Maracaibo era stato il base-ball, poi verso la fine di Febbraio ero ritornato in Italia dal Venezuela per via aerea per studiare in collegio dal 1957 al 1961. Mio padre e mia madre – insieme alla piccola Alessandrina di circa nove anni, nata a Maracaibo (Stato Zulia, Venezuela) il 26 Agosto1953- sarebbero tornati dal Venezuela per via mare con l’ultima ammiraglia della Flotta Lauro (la motonave “Achille Lauro”) solo a Giugno del 1961. Ricordo che l’armatore Achille Lauro fu anche il presidente dell’allora A.C. Napoli che schierò Vinicio (detto ‘o Lione), Pesaola detto il Petisso) e l’asse svedese Jeppson (autentico centravanti di sfondamento). Furono i primi campioni di calcio che in Italia subentrarono ai grandi fuoriclasse del base-ball americani (seguivo la Major League USA ed ero sempre sintonizzato sugli eventi sportivi locali dell’Ippica (Ippodromo di Caracas) e del Base-ball via radio o TV-Color (in Italia a quel tempo a stento esisteva quella in bianco e nero) di cui conoscevo non solo i nomi, ma letteralmente “vita morte e miracoli”, perché venivano acquistati spesso, quasi tutti provenienti dagli squadroni USA , dalle quattro squadre venezuelane di base-ball (beisbol in spagnolo castigliano; scritto dunque secondo la pronuncia inglese di base-ball), tra le quali si contendevano “ferocemente”, alternativamente, quasi a turno, anno dopo anno, il titolo di campioni del Venezuela, sia la squadra dei Gavilanes (letteralmente“avvoltoi”) sia quelli del Pastora, la mia preferita che schierò per qualche tempo l’eccezionale interbase americano Charles Williams, un fuoriclasse della pelota (palla) pagato a quei tempi fior di quattrini nella quale avrebbe giocato anche il più grande e formidabile interbase (tra la seconda e la terza base) mai esistito in Venezuela, il celebre Luis Aparicio. In seguito, visto che di calcio non ne volevano sapere, avrei insegnato i primi rudimenti del base-ball ai miei due nipoti Francesco ed Andrea, figli di mia sorella Sandra, medico funzionario, come ormai Alessandrina viene chiamata, che vari anni dopo – accompagnati da me- nei primi anni di questo secolo, in quel di Nettuno, quasi alle porte di Roma, assistettero alla finalissima di Coppa del Mondo di Base-ball tra le nazionali di Cuba e della Corea del Sud. In precedenza avevo fatto altrettanto in fatto di calcio – letteralmente alle falde quasi del Vesuvio tra l’odore profumato e piacevole dei pini- per altri due mie nipoti. Ivan e Rosario, figli di mia sorella Maria, i quali, ancora dei pulcini, indossavano la casacca azzurra e pantaloncini bianchi della squadra del Napoli.
    Giunto in Italia il 27 Febbraio 1957 , come detto, insieme a mia sorella Maria (nata il 14 Giugno 1947 a Cervinara), con un quadrimotore DC9- Alitalia in Italia (via Caracas- Isola del Sal-Lisbona- Milano- Roma Ciampino, a quel tempo Roma Fiumicino non esisteva) con i nuovi compagni trovati alla Pirozza ( una delle frazioni di Cervinara) imparai a tirare i primi calci al pallone e ben presto a conoscere anche la ”suprema” Juventus di Charles, Sivori e Boniperti (tre scudetti nel 1958, 1960 e 1961), ma in modo particolare l’impareggiabile fuoriclasse e campione argentino (naturalizzato italiano, 8 gol in maglia azzurra e circa 150 reti in Italia) Enrique Omar Sivori (1935-2005), “el cabezon” ( “il capoccione”, per la folta chioma) o “ el gran zurdo” ( “il grande mancino”), noto anche per aver costituito nella Nazionale argentina (vincendo la Copa America 1957) il famoso trio degli “angeli con la faccia sporca” con Maschio e Angelillo (anch’essi sbarcati poi in Italia).
    Sivori era un mancino puro dal tocco vellutato, in Italia definito il “re del tunnel” (Pallone d’Oro 1961), eguagliò il record di Piola, segnando nel 1961 ben 6 “storici” gol all’Inter; ma Sivori è rimasto celebre anche per le sue “bizze” contro certi allenatori “di ferro” e insopportabili, come il paraguayano Heriberto Herrera (1926-1996), detto HH2, allenatore della Juve dal 1964 al 1969, una coppa Italia nel 1965 e uno scudetto nel 1967, che non lasciavano spazio all’estro e alla fantasia dei giocatori di classe e imponevano “certi sistemi” di allenamenti particolarmente duri. Fu proprio Omar Sivori a segnalare per primo alla Juventus dell’Avv. Gianni Agnelli un certo Diego Armando Maradona (n. 1960), il suo erede naturale, già dell’Argentinos Juniors (1976-80) e del Boca Juniors (1981), anche lui un mancino quasi-puro, che tuttavia Agnelli non volle acquistare e che fu invece acquistato dal Barcellona (1982-84) senza fortuna (solo una Coppa del Re, in quanto un grave infortunio gli avrebbe causato la perdita permanente di circa un terzo della mobilità della caviglia) ed in seguito dal “ grande” Napoli (1984-1991)dell’Ing. Ferlaino e in seguito nel Siviglia (1992-93), nei Newell’s Old Boys 1993-94) e infine di nuovo el Boca Juniors (1992-97). Tralasciando i numerosissimi riconoscimenti, tra i suoi successi di Maradona ricordiamo i seguenti :vincitore del Campionato del mondo 1979 Under-20 in Giappone, il Campionato argentino Metropolitano 1981 col Boca Juniors ha vinto; col Barcellona la Coppa di Spagna, la Coppa della Liga e la Supercoppa di Spagna 1983, il Campionato del Mondo FIFA Mexico ’86, la Coppa Artemio Franchi nel 1993 in Argentina, col Napoli due scudetti (1986-’87 e 1989-’90) nel Campionato italiano di serie A della FGC, la Coppa Italia (1986-87), la Supercoppa italia (1990), la Coppa UEFA (1988-’89) segnando ben 312 reti nella sua carriera calcistica. L’“Angelo azzurro” Diego Armando Maradona giunto“ dal cielo” (in elicottero) allo Stadio San Paolo di Fuorigrotta, a Napoli, nel corso della sua presentazione ufficiale il 5 luglio 1984, dichiarò esplicitamente il suo programma “Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono come ero io a Buenos Aires.” Maradona, che per Brera era Re Puma e Prestipedatore, è passato alla Storia del calcio non solo per le sue imprese calcistiche nel Napoli (due scudetti e non solo per essere stato l’autentico trascinatore alla vittoria della nazionale argentina durante lo svolgimento del Mundial di Calcio a Mexico 1986 (celebre il refrain del “capitano” Maradona “ Vamos a ganar compañeros!” nello spogliatoio dei biancoceleste), ma soprattutto per essere stato l’ “artefice magico” (per dirla con l’altrettanto celebre grande napoletano Edoardo De Filippo) del supergol realizzato nei quarti di finale contro la nazionale inglese, sempre a Mexico 1986. Quel gol che, da un lato esaltò l’Argentina e rappresentò la “rivincita” della nazione argentina (qualche anno prima ( ) sconfitta dagli Inglesi dopo un lungo scontro per il possesso delle Isole Flkland/Malvinas), mentre dall’altro lato rattristò l’Inghilterra, ancora oggi è considerato il più grande gol del Secolo XX. Per realizzarlo Maradona trasse dal magico cilindro del suo repertorio calcistico, proprio come un virtuoso del “violino calcistico”, dei suoni mai uditi in nessun Auditorium o in alcuna Albert Hall al mondo. Un esame alla moviola della movida di Maradona mostra che “el pibe de oro”, dopo aver dribblato armonicamente, in accelerazione costante, una serie di difensori inglesi, compreso il portiere, con una tecnica di esecuzione ed una velocità impressionante all’unisono mai vista in campo calcistico, tipica dei più grandi campioni, ma meglio sarebbe dire dei più grandi tra i “giganti” dello “Slalom gigante” in campo sciistico, depositò col suo vellutato sinistro il pallone alle spalle del portiere inglese incuneandolo nel ristretto spazio libero“tra palo e portiere”! Un esame “parallelo” alla mia speciale “moviola matematica” dimostra da parte del “diez” Maradona la più assoluta fusione armonica tra la padronanza del controllo con una sensibilità infinitesimale del pallone (da fermo o in corsa), la genialità di tracciare simultaneamente mentalmente percorsi differenziali seguendo curve e spezzate matematiche (ellittiche, paraboliche, iperboliche e persino…spiraliformi (si pensi alle sue “rabone” di sinistro e alle “rovesciate volanti” effettuate in più di un’occasione quasi rasoterra !) indipendentemente dalla presenza o meno di avversari che tentano di fermarlo con ogni mezzo durante le sue “esecuzioni” virtuose, grazie alla sua capacità di prevedere e nel contempo realizzare istantaneamente percorsi alternativi con lucidità e velocità terrificanti per gli spettatori, ma soprattutto per gli stessi avversari…Sono percorsi zigzaganti imprevedibili che rispecchiano la perfetta coordinazione mente-corpo e la capacità estrema di risoluzione di situazioni che a qualsiasi altro giocatore di calcio apparirebbero difficili, complesse o semplicemente impossibili già nell’immaginazione. Le improvvise accelerazioni, gli stop, i dribllimgs zigzaganti e ubriacanti di Maradona sono lo specchio del suo carattere, della sua anima, del suo essere uomo e calciatore. Tali movimenti repentini e imprevedibili in Maradona, ad un’analisi ben approfondita, hanno un ben preciso fondamento, in quanto presuppongono una “rottura” del pensiero e del comune modo di pensare, ossia di oltrepassare la logica comune alla quasi totalità della gente di calcio, ossia superare tale logica ordinaria, trasformandola iso facto istantaneamente in logica “straordinaria” . Le serpentine, i tocchi, le finte di corpo e la precisione dei movimenti del giocatore-giocoliere e delle traiettorie ( rette o curvilinee, spesso cariche di “effetti” di vario tipo) altro non sono se non i riflessi dello specchio che si annida nel caleidoscopio del repertorio del suo genio ribelle, flessibile, aperto (ciarliero e ottimista) e spesso, al contrario – quasi improvvisamente- persino inspiegabilmente chiuso (depresso e pessimista). Proprio come descritto nella letteratura “geniale”, quelal che riscontra nei geni i segni e, più in generale, quelli che potremmo definire i “markers” o “patterns” del genio alla continua ricerca della soluzione del “difficilis”, che, in virtù del consolidarsi di una speciale “filosofia” interiore, per il genio – e per lui solo!- deve essere possibile trasformarsi in “facilis” e sbalordire al tempo stesso le sterminate folle dei suoi tifosi dentro e fuori dal campo. Solo così facendo la sua arte calcistica sarebbe stata in grado – senza soluzione di continuità – di trasformare costantemente e sistematicamente ciò che per gli “altri” era un evento“difficile, impossibile o falso” in un evento “semplice,possibile o vero”.
    L’arte calcistica di Maradona è stata quella di sovvertire gli spazi (i dribbling “a rientrare” e gli arresti immediati in corsa) e i tempi (le durate delle sue “esecuzioni”), di passare con disinvoltura e classe dal difficile al facile, di trovare soluzioni laddove gli altri avrebbero brancolato nel buio delle loro incapacità e dei loro limiti, ad esempio nel controllo del pallone o nel superare gli avversari palla al piede senza perdere l’obiettivo immediato e la visione di gioco generale. Da questo punto di vista, alla luce di questa ipotetica “moviola matematica” il giudizio estetico sull’arte calcistica di Maradona raggiunge senza ombra di dubbi vertici altissimi. Solo a questo punto – una volta stabilito il grado di valore del “giudizio estetico” della sua arte – risulta più agevole comprendere e interpretare il “pensiero calcistico” e il “messaggio umano” di Maradona, al di là del bene e del male, al di là del tempo e dello spazio, al di là delle “cattedrali” di pietra innalzate ovunque dalla logica comune dove , in un ordine apparente, regnano più ombre che luci, che segnano i confini di ogni ciclo razionale chiuso tendente a sbarrare la strada al genio, all’estro, alla fantasia e all’inventiva per la costante presenza di invalicabili vicoli ciechi che costringono l’uomo comune a brancolare al buoi nei ripetuti tentativi di non sbattere la testa contro il muro dell’ignoto e dell’impossibile che vanifica quei tentativi, per cui alla fine l’uomo comune, come un toro sanguinante nell’arena, in una routine abitudinaria sospesa tra il bene e il male, tra la vita e la morte, ondeggia, si scuote, corre spaventato in ogni direzione della sua esistenza e finisce quasi sempre per fallire nella ricerca di una fonte o di una filosofia positiva di sopravvivenza rendendo quest’ultima sempre più incerta, precaria. affannosa e sempre più avara di soddisfazioni morali e materiali. Una routine, dunque, che non conduce da nessuna parte, se non alla rovina e ad esiti esiziali. Una routine che tuttavia non riguarda mai il genio, in quanto il suo estro e la sua fantasia riescono a superare qualsiasi ostacolo che si frappone, come quei “muri”, tra sé e il proprio destino le cui ali, come per magia, egli riesce a spezzare, senza la necessità di dover affrontare tori incontenibili e pericolosi nell’arena della vita, riuscendo costantemente ad eludere, al di là di ogni giudizio morale, i limiti innaturali frapposti tra bene e male da leggi e consuetudini.Ed infatti una “critica ordinaria” fondata sulla logica dell’uomo comune e sulle regole del vivere comune delle nostre società ritaglia per il campione-uomo Maradona spazi e significati inquadrate da cornici ambivalenti e ambigue, oscure e il più delle volte sconcertanti, Maradona – in questa ottica – ha rappresentato i sogni di gloria e di grandezza, le più ambiziose speranze e la più profonda inenarrabile e amara delle delusioni per i poveri e per i suoi tifosi ad ogni latitudine, in particolare per i tifosi napoletani equivalenti o, se si vuole, omologabili con quelli delle periferie di Buenos Aires e delle piccole cittadine e comunità sperdute sul vastissimo territorio argentino e , più in generale, per miliardi di poveri ed emarginati sparsi per il mondo. Ecco la genesi dell’ “universalità” del genio della pelota Diego Armando Maradona. Dunque, nulla di strano:le ragioni “euclidee”,per quanto detto,dell’ universalità del fenomeno Maradona vengono partorite dalla “logica comune” e sono ben note a tutti. Anche se esse tuttavia hanno la loro profonda origine nello stesso “fenomeno Maradona”, spesso apparso o interpretato come un serpente che si morde la coda. Dunque Maradona nell’immaginario collettivo ha incarnato un vero e proprio Angelo azzurro (un vero e proprio déja vu nel film Der blaue Angel con riferimento al protagonista maschile, il Prof. Rath (Emil Jannings) perdutamente innamorato, letteralmente “drogato” dalla bellezza conturbante, affascinante e cinica della cabarettista Lola Frolich ( Marlene Dietrich), al punto di “degradarsi” fin quasi a perdere ogni dignità morale e di uomo), o se si vuole, secondo altri, un vero e proprio Dottor Jackyll della ricchezza e un vero e proprio Mister Hide della povertà. Un povero diventato ricco e nel contempo un uomo di talento diventato improvvisamente povero per essersi auto-umiliato e fatto umiliare, prima ancora che dalla droga, molto probabilmente sul piano delle relazioni umane.
    Ma se il “come” è noto, non si comprende del tutto, ancora oggi, “perché” ciò sia accaduto. Dunque un uomo e un campione, o, se si vuole, un campione ed un uomo, in permanente conflitto tra la ricchezza e la povertà proprie e altrui, un uomo socialmente in bilico, molto pericolosamente, tra la legalità e l’illegalità, e, più in generale, tra un concetto di democrazia proletaria e la più completa sudditanza ad un ideale di socialismo universale – secondo lui- incarnato da alcuni “dittatori”suoi e nostri contemporanei, da lui conosciuti personalmente e “amichevolmente”, quali il lider maximo cubano Fidel Castro e il lider “bolivariano” (ma tale fino a che punto?) venezuelano Hugo Chavez, a sua volta succube del dittatore cubano. Due dittatori in parallelo che hanno gestito un potere dittatoriale spesso disumano, retrivo, procurandosi, l’uno e l’altro, a lungo andare un quasi totale isolamento – in senso attivo e passivo – in seno alla comunità internazionale e trascinando in siffatto isolamento anche i loro popoli ai quali hanno finito per plagiare anche l’anima.Uno stato di isolamento fatto di miseria e caratterizzato dai crimini di regime ben occultati, dalla criminalità dilagante, ma soprattutto dalla povertà più amara e dilagante tra gente semplice e che in realtà meritava e merita ben altro. Dittatori sognatori “marxisti-leninisti” (Fidel) o “socialistoidi” (Chavez) che avrebbero potuto recitare importanti ruoli storici, da veri eccellenti protagonisti e dunque come veri “grandi” capi socialisti, veri paladini della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza tra i popoli, ma che di fatto a stento in futuro appariranno in qualche oscuro capitolo della “storia” minima e negativa dei “loro”popoli (mai in quella dell’Umanità) per il semplice fatto di aver imboccato il tunnel più cieco e pericoloso ai loro tempi potessero imboccare. Quello di essersi schierati spudoratamente e apertamente- senza un minimo buonsenso di “pudore diplomatico”- in funzione anti-USA. creando situazioni aberranti di tensioni internazionali -come la crisi di Cuba del 1962 che coinvolse Kennedy e Kruscev, legata alla presenza dei missili sovietici anti-USA- che per poco non sono sfociate nella “terza” guerra mondiale. Dittatori in seguito messi all’angolo (direttamente o indirettamente senza e con l’embargo)e che.“por ironìa de la suerte” sono diventati anch’essi succubi delle loro stesse dittature errate e deliranti, dal momento che con esse, invece di creare realtà politiche solide e indipendenti, hanno contribuito non poco a ingenerare condizioni di sviluppo sociale ed economiche asfittiche e di scarsissimo valore, generando – anche laddove il petrolio poteva consentire di avere voce in capitolo, come in Venezuela- povertà e miseria a dismisura e la più completa emarginazione popolare, oltre che sul piano tecnico-culturale-economico-finanziario, soprattutto sul piano umano. E non poteva essere il risultato delle loro politiche fuori dai tempi, tagliate fuori dalle maggiori correnti internazionali e inessenziali per il progresso dei loro popoli. In altri termini, si è trattato di “politiche sperimentali”, naufragate già prima ancora di qualsiasi maldestro tentativo di prendere il largo, in quanto emblematicamente schierate a favore dell’immiseramento e dello sradicamento dei valori umani, degradando ai minimi livelli le condizioni di vita (non solo economiche, ma persino sanitarie) dei loro popoli, creando per essi volutamente condizioni storico-politico e sociali inaccettabili e arretrate (atrasadas), evitando di fatto accuratamente un’attenta analisi dei reali problemi sociali e delle reali aspirazioni dei loro popoli e restando ancorati saldamente ad un potere dittatoriale solennemente “tragicomico”, spesso asincrono e drammatico, esposto ai quattro venti dei mercati finanziari internazionali che essi avrebbero voluto intenzionalmente bypassare con grande arroganza e spavalderia. Il risultato? Un serial di fallimenti a ripetizione e un serial di “svendite fallimentari”, che hanno i contorni del giallo-enigma, delle risorse nazionali effettuate in modi smodati, inopportuni, irrazionali a favore del primo venuto (purchè non si trattasse degli USA!). Non per nulla “il primo venuto” è stato la Cina che si accaparrato (in Venezuela, come altrove) miliardi di barili di petrolio ancora oggi, e chissà per quanti anni, “ancora da estrarre” a prezzi stracciati risalenti ad un listino-prezzi di almeno una dozzina di anni addietro! Ecco da dove nasce paradossalmente l’impotenza e la “povertà”di un paese ricco di risorse naturali quasi illimitate come il Venezuela. Ecco come è stato possibile, giocando a fare i dittatori da strapazzo, innescare un meccanismo logoro e perverso che ha generato nella vita quotidiana dei venezuelani (e di conseguenza anche in quella dei cubani) spirali anti-economiche sfociate in ansie e vortici da nevrosi, le une e le altre irrisolte e irrisolvibili, che quotidianamente hanno creato un vero e proprio stato patologico di “persistente e acuta povertà”. Risulta chiaro, dunque, a questo punto che, alla luce di quanto precede, dare una risposta semplicistica alla domanda “ Chi è Maradona ?” risulta non solo limitativo, ma anche fuori luogo. Ma, se consideriamo che si tratta di un uomo che appare come un vero e proprio crogiuolo in cui sono presenti e si fondono, in funzione di peculiari e specifiche variabili legate alle proprie esperienze personali fatte di bene e di male (come del resto accade per ciascuno di noi), non è difficile comprendere che alla base di suddette variabili, nel caso di Maradona, si trovano alcune antinomie costituite da binomi del tipo povertà- ricchezza o ricchezza- povertà (in quanto in senso globale tali binomi certamente non sono commutativi), o da binomi rappresentabili astrattamente dalle linee rette della morale e dalle linee curve, improvvisamente zigzganti (come i suoi famosi dribbling) delle scelte di vita e di costume, queste ultime spesso pericolosamente oscillanti fino al punto di sfiorare i limiti del disumano. In quanto periodicamente (con intensità e modalità occasionali diverse) soggette al furore e al fragore assordante delle onde di quell’oceano di emozioni psicofisiche che si creano quasi automaticamente nella psiche di molti individui, e che , nel caso specifico, hanno scosso, lacerato, obnubilato e, nel contempo, attanagliato in un crescente continuum incontrollabile dal di dentro il “ fenomeno Maradona”, inteso sia come uomo sia come campione. Un campione e un uomo che è apparso ancorato e molto spesso condizionato negativamente dalle sue esperienze relazionali, dirette e/o indirette, quasi sempre improntate sulla piena fiducia negli altri e in una visione di umanità sofferta e sofferente (basta rileggere la “dichiarazione” d’intenti da lui fatta al centro dello Stadio San Paolo al momento della sua presentazione ai tifosi napoletani). Le considerazioni analitiche precedenti sul “fenomeno Maradona”sono in realtà consequenziali alle concezioni relazionali di Maradona-uomo nei riguardi di coloro che lo frequentano, lo circondano e che lo osannano come campione… , ma che spesso lo trascinano fuori dal proprio “ego”, soprattutto se si riflette sul fatto che tale “trascinamento” viene in genere favorito – con una probabilità che sfiora la certezza- anche da situazioni ambientali ai limiti dell’illegalità in cui nolente o volente l’uomo e il campione Maradona viene a trovarsi quasi quotidianamente. Ci riferiamo alle stesse condizioni e situazioni negative, esistenti ad ogni latitudine e in ogni paese, intorno agli stadi di calcio, ricettacoli di tifosi, particolarmente evidenti e toccabili con mano (e tutti – autorità e governi compresi- ne erano e ancor oggi ne sono pienamente al corrente!) laddove i confini delle forme ellittiche degli stadi s’incrociano con le linee di forza attrattive delle orbite gravitazionali create dai buchi neri dei trafficanti e degli spacciatori di droga e dei racket della prostituzione. Le interpretazioni dei rapporti tra i due piani degli scenari su cui si manifesta ed agisce l’uomo e il campione Maradona non sono, perciò, come si potrebbe erroneamente arguire“paralleli” e “lineari”( e in tale errore confusionale dei ruoli sono caduti quasi tutti coloro che hanno cercato di comprendere i limiti e le interconnessioni tra i“due” Maradona, l’uomo e il campione),bensì “divergenti” e “complessi”. Si dà il caso che, paradossalmente, tali due scenari, oltre ad essere divergenti, sono antitetici, ossia costituiscono anch’essi un’autentica “antinomia”. La dimostrazione segue immediatamente dal fatto che, mentre Maradona-campione trasforma il “complesso” in “semplice”, al contrario, sul piano interrelazionale, proprio dei rapporti con gli altri personaggi che lo attorniano e nel cui “gioco scorretto, spesso persino “perverso”, il Maradona-uomo inciampa o è costretto ad inciampare suo malgrado, senza mai rendersene perfettamente cosciente, spesso contro la sua stessa volontà e le sue stesse convinzioni. Si verifica così che sui piani relazionali il Maradona-uomo sembra l’unico artefice in grado di trasformare (ed ecco il paradosso!) il “semplice” in “complesso”.Il che non è certamente. Di fatto, alla base di questo paradosso di fondo – come accennato-, si trova la visione “semplicistica” della vita di relazione di Maradona con gli altri”, quelli del suo entourage e , soprattutto, quelli del tutto estranei a tale entourage. Una visione “semplicistica” a sua volta funzione di una percezione dei rapporti umani fondata su una visione “di fratellanza universale” e di completa e cieca fiducia nei confronti degli altri. Il fatto è che tale trasformazione “del semplice in complesso” non è opera dell’attore (l’Uomo, il Campione Maradona), ma, contro ogni aspettativa!, è fondamentalmente opera degli “altri”. Sono gli altri, che fanno convergere quegli scenari legati alla espressione della personalità di Maradona (che pur non essendo affatto paralleli, ma divergenti) vengono travisati con un sottile inganno percettivo (talvolta anche involontario) fino ad omologarli, a confonderli in toto e, in definitiva, fino a creare una vera e propria “nuova identità” per lo stesso Maradona che finisce per non essere né l’uomo, né il campione che conosciamo. Al punto che alla domanda “Maradona chi è costui?” quasi nessuno sa rispondere di primo acchito, proprio in virtù del fatto che ai più sfugge l’essenza del “fenomeno Maradona” nei termini in cui abbiamo cercato d’illustrarlo in precedenza.
    Ecco il motivo fondamentale per il quale – in ultima analisi – è invece possibile dare una ben precisa risposta al “fenomeno Maradona”, sia pure limitata, caratterizzabile perfino in termini matematici, in quanto tale risposta necessariamente deve avere caratteristiche logiche ben specifiche che, ovviamente, non possono essere quelle della logica comune. Deve dunque trattarsi di una risposta sinteticamente razionale, che molto probabilmente a qualcuno potrà anche sembrare di tipo tautologica, in quanto potrebbe apparire semplicemente “spiraliforme, avviluppatoria, involvente”. Una risposta del tipo che fa e disfa nel contempo,che dice e non dice, una risposta circolare come le famose rovine del grande scrittore argentino Borges, il cui sigillo potrebbe essere il celebre “ eadem mutatam resurgo” (come la spira mirabilis di Jakob Bernoulli).Una risposta che parte e termina nello stesso tempo nel baricentro psicologico della personalità geniale del “fenomeno Maradona”; un personalità che, per quanto detto, agli occhi della gente comune non può, invece, che apparire “distorta” e “indecifrabile”, essendo essa caratterizzata da antinomie che – secondo tale ottica comune- sono delle ineliminabili contraddizioni in itinere, dove finiscono per fondersi ed identificarsi bene e male, ricchezza povertà, libertà e dittatura! Per cui, concludendo, da tale angolazione, quindi, in una prospettiva di un ordinario e sommario“giudizio morale”, non è difficile affermare una specie di “teorema Maradona”, secondo il quale Maradona è stato “colui che ha perso tutto proprio nel momento in cui vinceva tutto”. Un uomo che, secondo i più, avrebbe davvero potuto passare alla Storia, non solo come campione del calcio, ma anche e soprattutto come campione di umanità, tenuto conto che il suo gran cuore e la sua bontà spesso ha superato i suoi vizi, persino nei momenti più oscuri e difficili della sua vita. Una prova recente? Il 12 Maggio 2008, allo Stadio Olimpico di Roma, a quasi 48 anni, alla presenza di circa 50 mila spettatori, riabbracciato dai suoi da vari Bruno Conti, Aldair, Zico, Zola ed altri, El Pibe de oro ha fatto la sua apparizione calcistica nel corso della famosa Partita del cuore (1 gol su rigore) finalizzata a sostenere (con la raccolta di circa 200 mila euro) il progetto ‘Fondazione Parco della Mistica. Nell’occasione “er Pupone”, alias Francesco Tott, allenatore “ad horas” della squadra di Diego affermò: “Un piacere vederlo, Diego è il calcio”.

    Al contrario dei dittatori, suoi amici “per la pelle”, che “de el pibe de oro” hanno astutamente sfruttato, non diversamente da tutti quei piranhas (uomini comuni, semplici “amici”, “amici di amici” e altri “amici per la pelle” e “pseudodittatori”), spesso fino all’osso e senza un attimo di tregua, la popolarità universale di cui Maradona godeva e, per fortuna, gode ancora oggi, proprio perché nella sua anima sotto la cenere della droga magicamente ardeva, arde e arderà sempre, al di là di ogni paradosso o controparadosso, ne siamo certi, il fuoco della bontà e dell’altruismo. A questo punto non dovrebbe risultare difficile dare una risposta definitiva alla seguente domanda finale: “ Esisterà mai qualcuno che possa un giorno emettere una qualche sentenza di condanna definitiva sul “fenomeno Maradona”? Qualunque sia tale “sentenza”, per i Napoletani testerà sempre la convinzione che “ Maradona è mmeglie ‘e Pelé”, anche se essi ignorano che ogni tocco di palla di Maradona nel Napoli è costato all’incirca 2500 euro attuali!. Ma che importa? Alle ragazze napoletane – oggi “mamme”- quello che importava allora era chiamare col binomio “Diego Armando” i propri primogeniti maschi e soprattutto cantare a squarciagola, allora come oggi: “ Oh mama, mama, mama/ Oh mama, mama, mama/ Sai perché mi batte “el corazon”?/ Ho visto Maradona…Ho visto Maradona” con quel che segue. Il che è tutto dire: il “mito” di Maradona a Napoli (e non solo) non morirà mai.
    NOTA n1 – IL CALCIO DALLA A ALLA Z ….ALLA RADIO E ALLA TV – DA NICOLO’ CAROSIO AI NOSTRI GIORNI
    .La storia del calcio degli ultimi decenni è stata scritta, radio-raccontata o tele-raccontata da una schiera di validi e seri giornalisti della carta stampata, della radio e della TV. Alcuni di essi non si occupano solo di calcio, ma anche di altre discipline sportive, né sono dei giornalisti sic et simpliciter, in quanto anche spesso anche scrittori dalla penna “ fluida e scorrevole” la cui cultura tracima-per così dire- anche nel campo della cronaca della radio- e/o tele-cronaca sportiva creando in tal modo uno “stile” unico ed irripetibile. Il che si comprende subito se si pensa ad alcuni modi di dire e ad alcune locuzioni ormai quasi proverbiali usate da alcuni di essi; alcune delle quali passate alla “Storia” della radio e della televisione. Citiamo la prima che si affaccia alla mente – quella di Aldo Biscardi- rimasta famosa: “ Non parlate tutti insieme, al massimo due o tre per volta.”.
    Cominciamo la nostra carrellata “ giornalistica” sul calcio a partire da uno dei nostri contemporanei, il puntuale, “dotto” e simpatico Emanuele Dotto (n.1952), in RAI dal 1980 che – tra l’altro- si occupa con successo anche di ciclismo, Formula 1 e tennis. Marco Civoli (n. 1957), in RAI dal 1988; sua la celebre esclamazione in telecronaca diretta al termine della finalissima disputata dall’ Italia di Marcello Lippi contro la fortissima Francia di Zidane del 9 luglio 2006 in Germania subito dopo il gol “liberatorio”messo a segno da Fabio Grosso su rigore: “ Ed è gooooool! È finita! È finita! È finita! È finita! Il cielo è azzurro sopra Berlino! Siamo campioni del Mondo! Campioni del Mondo,,, » . Era davvero finita. L’Italia aveva vinto il suo quarto titolo mondiale ai calci di rigore per 5 a 3, dopo che la partita alla fine dei tempi supplementari si era chiusa sul risultato di parità (1-1),
    Dopo Nicolò Carosio (1907-1984), “il decano”dei radiocronisti del calcio COMPLETA.
    Riccardo Cucchi (n.1952), alla RAI dal 1979, anche radiocronista, si occupa anche di atletica leggera, canottaggio e scherma. Gianni Cerqueti (n, 1958), esordito come telecronista in RAI nel 1988; Giulio Delfino (n. 1967), in RAI dal 1991, si è occupato anche di pallanuoto, di ciclismo e di Formula 1; Filippo Corsini (n.1962, anche lui conduttore radiofonico di Tutto il calcio minuto per minuto. Bruno Gentili (n. 1954), alla radio dal 1978, al fianco di Sandro Ciotti e dell’indimenticabile Enrico Ameri (1926-2004, in RAI dal 1949, per eccellenza the voice tra i radiocronisti di Tutto il calcio minuto per minuto dal 1974 al 1991, trasmissione coordinata per circa 27 anni da Roberto Bortoluzzi (1921-2007, alla RAI dal 1944, anche conduttore radiofonico e radiocronista sportivo). Fu proprio di Bortoluzzi l’idea di creare una trasmissione come Tutto il calcio minuto per minuto, poi coordinata da Massimo De Luca (n.1950, anche conduttore radiofonico e conduttore televisivo; alla RAI dal 1976, ideatore e conduttore (1978-1987) della tuttora attiva trasmissione radiofonica Tuttobasket) e in seguito da colui che definisco “ il signore della cronaca sportiva”, l’indimenticabile Alfredo Provenzali (1934-2012, che si occupò, oltre al calcio, di nuoto, di pallanuoto, di ciclismo, fu amico di Luigi Tenco e da Belgrado, settembre 1973, raccontò il primato del mondo negli 800 stile libero ottenuto ai campionati del mondo di nuoto in vasca lunga,.
    da Novella Calligaris.
    Partecipazioni pluriennali a Tutto il calcio minuto per minuto furono anche quelle di Claudio Ferretti (n. 1943), alla RAI dal 1963, anche scrittore, conduttore radiofonico e televisivo oltre che radiocronista sportivo; si è occupato anche di atletica, pugilato, ciclismo, infine coautore con A. Frasca della Garzantina dello sport). Enzo Foglianese (n.1932), anche radiocronista, alla RAI dal 1963, si è occupato anche di ciclismo e di atletica leggera ed ha altresì tenuto corsi di tecnica di giornalismo radiofonico); Ezio Luzzi (n. 1933), conduttore fino al 1 aprile 2011 della scanzonata e fortunata trasmissione radiofonica Ho perso il trend in coppia con Ernesto Bassignano, programma ironico di politica e di gossip. Beppe Viola (1939- 1982); in RAI dal 1961 (alcune edizioni della Domenica Sportiva) fino alla sua morte a 43 anni; si occupato anche di pugilato, ippica, motori. E’ autore per la RAI di un lungo documentario sulla storica Mille Miglia, ha collaborato con Linus, ha scritto molte canzoni in coppia con Enzo Jannacci (tra esse Tira a campà e Statu quo); nel cinema è stato sceneggiatore e dialoghista (Romanzo popolare e Cattivi pensieri con Ugo Tognazzi), per il cabaret contribuì alla creazione dei testi del gruppo storico dei comici che facevano riferimento al Derby Club di Milano (tra essi citiamo i ben noti Massimo Boldi, Teo Teocoli, Cochi e Renato, Enzo Jannacci, Paolo Villaggio, Lino Toffolo ed altri. In suo onore è proseguito il Torneo Città di Arco – Beppe Viola, già noto anche come Torneo Arco di Trento, istituito nel 1972. Si tratta di un torneo calcistico, a cadenza annuale, a cui partecipano formazioni giovanili del panorama italiano ed internazionale. Ricordiamo ancora: Paolo Carbone (1938-2007 per infarto), fin dagli anni ’60 alla RAI, collaborò per quindici anni a Tutto il calcio minuto per minuto come inviato speciale e radiocronista .Si occupò, come curatore e conduttore, di Domenica Sport e La schedina; in televisione, e ,per due anni, di Domenica Sprint su Rai 2; nel 1994 fu scelto come conduttore di GR2 Radiogiorno. Massimo Valentini(1929-1984 per infarto), dal 1958 alla RAI di Firenze, restano agli atti i suoi servizi giornalistici e le sue interviste, raccolte fra gli abitanti di Firenze all’indomani dell’a tragica alluvione di Firenze del 4 novembre 1966; servizi diffusi sia in ambito regionale (Gazzettino Toscano), sia nazionale (Telegiornale , Tv7 e Radiosera); fu anche radiocronista di Tutto il calcio minuto per minuto; a Roma dal 1976 fu uno dei conduttori dell’edizione serale del Tg1; nel pomeriggio del 26 agosto 1978 condusse la telecronaca dell’elezione di Papa Giovanni Paolo I, mentre il 13 maggio 1981 con grande tatto e professionalità si occupò in diretta dell’attentato al Papa Giovanni Paolo II il Grande, ma fu nella notte fra il 13 ed il 14 giugno dello stesso anno,che egli, conducendo da studio, diede vita ad una lunga edizione straordinaria del Tg1 in occasione della terribile tragedia di Alfredo Rampi, a tutti noto come “Alfredino”, il bambino che, nonostante una serie di disperati tentativi messi in opera da tecnici e volontari presenti sul posto, perse la vita in uno strettissimo pozzo nelle campagne di Frascati suscitando un vivo cordoglio a livello nazionale. Paolo Valenti (1922- 1990), alla RAI dal 1950, tifoso della Fiorentina, ma si seppe solo il 18 novembre 1990, tramite il ben noto radiocronista e telecronista Nando Martellini (1921-2004 ,the voice della vittoria dell’Italia di Bearzot al Mundial 1982 in Spagna. Valenti si occupò di atletica leggera, automobilismo, ciclismo (celebre il suo commento al “surplace” di circa mezz’ora del campione Antonio Maspes), pugilato (nel 1967 commentò uno degli “incontri del Secolo” tra i pesi medi Benvenuti-Griffith, nel 1970 fu l’ ideatore, realizzata con Maurizio Barendson (1923-1978), della “scuola napoletana” con Antonio Ghirelli (1922-2012) ed altri, e Remo Pascucci della celebre trasmissione 90° Minuto condotta da Valenti fino al 1990, quando – per Italia ’90- condusse anche Minuto Zero. In seguito 90° Minuto approdò, sempre grazie a Valenti, alla formula del cosiddetto “teatrino”, che ancora oggi riscuote grande successo. Per volontà della famiglia nel 2000 è stato istituito un premio biennale giornalistico al suo nome ( lo hanno vinto: Fabrizio Maffei (2000), Gianni Cerqueti (2002), Massimo Caputi(2005). Monica Vanali (2007). Alfredo Pigna (n.1926), amico del celebre scrittore Dino Buzzati e per anni conduttore della Domenica Sporiva in TV, si è occupato anche di sci alpino commentando le eroiche imprese di Alberto Tomba), Giorgio Bubba (n. 1936, corrispondente da Genova per le partite di Genoa e Sampdoria per 90° Minuto e la Domenica Sportiva), Bruno Pizzul (n.1938), laurea in giurisprudenza, ex calciatore, giocò nel Catania (1958), nell’Ischia , nell’Udinese e nella Cremonese, in RAI dal 1968, ha partecipato a ben note trasmissioni TV ( dalla Domenica Sportiva a Quelli che il calcio, ecc) ed è stato tra i più importanti tra i telecronisti di calcio ed è stato il commentatore della Partita del cuore –organizzata dalla Nazionale Italiana Cantanti- dal 1993 al 2002. La sua ultima telecronaca fu l’amichevole Italia-Slovenia (0-1), giocata a Trieste. Carlo Sassi (n. 1929), in Rai dal 1960, si è occupato della moviola (nata con lui nel 1967) fino al 1991, ha curato la Domenica Sportiva e, con Sandro Ciotti ha condotto Quasi Gol; dal 1993 ha affiancato Fabio Fazio e Marino Bartoletti in Quelli che il calcio. Gianfranco De Laurentis (n. 1939), in RAI dal 1972 ( Domenica Sprint, dal 1993 al 1994 direttore della TGS, la testata sportiva dei telegiornali della Rai (attuale Rai Sport), ha condotto La Domenica sportiva (1994-1995); Pole Position (1998- 2001), Gol-flash, Diretta sport, Eurogol, Numero 10 con Michel Platini e Stadio sprint.
    Giorgio Martino (n. 1942), in RAI dal 1968 al 2000, terzo telecronista di calcio dopo Nando Martellini e Bruno Pizzul si è occupato anche di ciclismo pallacanestro, nuoto e pallanuoto. sua Telecronaca per l’Italia al Mundial di Mexico 86 dello storico quarto di finale Argentina-Inghilterra per il gol capolavoro di Diego Armando Maradona e per il gol di mano (la mano de Dios) sempre del pibe de oro).
    Luigi Necco (n. 1934), appassionato di archeologia, dal 1978 al 1993 è stato telecronista della RAI (90º minuto), si mise in evidenza anche presso varie TV del Sud America allorchè (a Mexico 1986, dopo il goal con la mano all’Inghilterra) domandò a Maradona : “La mano de Dios o la cabeza de Maradona?” (La mano di Dio o la testa di Maradona); “Las dos” (Tutt’e due) gli rispose Maradona).
    Piero Pasini (1926-1981 per infarto in sede RAI a Bologna; già dal 1951sempre della sede RAI di Bologna, noto grazie a Tutto il calcio minuto per minuto, al Telegiornale, a 90º minuto e a La Domenica Sportiva.
    E stato l’unico giornalista testimone diretto – durante i Giochi Olimpici di Monaco di Baviera- dell’assalto compiuto alle ore 04.30 del mattino del 7 settembre 1972 al villaggio Olimpico da un commando palestinese composto da otto terroristi armati, volto coperto da passamontagna, che fecero irruzione nella dimora della squadra olimpica israeliana in trasferta a Monaco.
    Uccisero Moshe Weinberg, allenatore della squadra di lotta, e Joe Romano, campione di sollevamento pesi.
    Vari atleti risvegliati dalle urla e dagli spari saltarono dalla finestra salvandosi, ma nove di essi furono presi in ostaggio.
    Nonostante le autorità tedesche si dessero da fare dannatamente, rifiutando l’invio da parte di Israele del Sayeret Maktal, un commando scelto delle forze armate israeliane, al termine di estenuanti trattative tra rapitori e autorità tedesche i terroristi – ai quali i tedeschi avevano promesso di imbarcarli su un volo con destinazione ignota a loro scelta- riuscirono a farsi accompagnare, insieme ai loro ostaggi, all’aeroporto di Furstenfeldbruck presso Monaco.
    Ma il ridicolo tranello tramato dalla polizia tedesca – che fece in modo da mettere a disposizione dei terroristi un velivolo della Lufthansa vuoto, privo di equipaggio e a motori spenti- fu subito scoperto dai terroristi che aprirono il fuoco e lanciarono bombe a mano.
    Durante la breve guerriglia tutti gli ostaggi furono uccisi per mano dei terroristi.
    Tra questi ultimi ne vennero uccisi ben cinque, ma restò ucciso anche un poliziotto tedesco.
    Gli ultimi tre terroristi furono catturati, ma quasi immediatamente rilasciati non appena l’organizzazione Settembre Nero, di cui facevano parte, dirottò un volo della Lufthansa:
    Il ramsad alla testa del Mossad (i servizi segreti israeliani), il generale israeliano Zvi Zamir , subentrato da poco al suo predecessore Meir Amit, benché si trovasse a Monaco per ordine espresso di Golda Meir, il primo ministro “di ferro”israeliano, dovette assistere impotente a quella sceneggiata della polizia tedesca, che aveva provveduto a posizionare alcuni tiratori scelti ( qualcuno di parte israeliana li definì addirittura “presunti tiratori scelti”!) sui tetti dell’aeroporto circostanti la pista di decollo…(si veda la NOTA su Settembre Nero).
    Tutto il calcio minuto per minuto nacque grazie – come detto- da un’ idea di Bortoluzzi che ne fu l’ideale patron per 27 anni. Trasmissione poi perfezionata da Guglielmo Moretti (n. 1920), in RAI fino al 1976 conduce Domenica Sport. È stato caposquadra per i Giochi Olimpici di Los Angeles 1984 e, in seguito, capo del pool sportivo dei radiocronisti Rai, a Tutto il calcio minuto per minuto con Roberto Bortoluzzi e e con l’arcinoto, allora responsabile della redazione radiocronache, Sergio Zavoli.
    Nel 1984 vinse il Premio USSI – “Una penna per lo sport,
    Sergio Zavoli (n. 1923), dal’47 al’62 alla radio in RAI, e, occupandosi di ciclismo, ideò poi il ben noto Processo alla tappa al seguito di vari giri d’Italia; nel periodo ’80-‘86 fu presidente della RAI, nel 1981 vinse il prestigioso Premio Bancarella per Socialista di Dio,è autore di innumerevoli e ben noti “diari” e “dossier in TV ed ha ricevuto altri numerosi premi giornalistici, in parallelo con la sua carriera politica di sinistra; è presidente della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno dal 2007.
    Tra i giornalisti sportivi più recenti troviamo: Enrico Varriale (n. 1960), dal 1986 alla sede RAI di Napoli, nel 1989 collabora su RAI3 con Aldo Biscardi. Varriale attualmente è a Rai Sport, a 90º minuto, alla Domenica Sportiva in onda su Rai 2. Dal 2008 conduce Stadio Sprint. Aldo Biscardi (n. 1930), già a Il Mattino e a Paese Sera, approda in RAI nel 1979, ideatore e conduttore del programma televisivo Il Processo di Biscardi (33ª edizione nella stagione calcistica 2012-2013), nel 1996 trasferisce Il Processo di Biscardi su Telemontecarlo, diventata La7 dal 2001 Carlo Nesti (n. 1955), alla RAI fino al 2010, con Nicolò Carosio (1934 e 1938) detiene il primato di essere stato l’unico radiotelecronista italiano a partecipare a due edizioni dei Mondiali (1982 e 2006) vinte dagli azzurri; dopo 21 anni (nel 2001) ritorna a Tutto il calcio minuto per minuto). Giampiero Galeazzi (n. 1946), ex canottiere italiano, partecipò alle selezioni per le Olimpiadi del 1968 a Città del Messico; per l’imponente fisico detto “Bistecccone”, tifoso della Lazio, conduttore TV (90º minuto, Domenica, Notti Mondiali) a Italia’90 e telecronista di calcio e canottaggio (commoventi le sue telecronache alle Olimpiadi delle medaglie d’oro nel canottaggio dei fratelli Giuseppe e Carmine Abbagnale (Seoul 1988) e di Antonio Rossi e Beniamino Bonomi (Sydney 2000), nonché le emozionate interviste in occasione dello scudetto vinto dal Napoli).
    Stefano Bizzotto (n. 1961), giornalista (Gazzetta dello Sport dal 1986) e telecronista RAI di calcio, tiro al volo, tiro a segno, tuffi, hockey su ghiaccio e sci, dal 2003 conduce Domenica sprint). Giovanni Scaramuzzini (n. 1967), telecronista e radiocronista (prima radiocronaca per Tutto il calcio minuto per minuto nel 2009 ),si occupa di ciclismo, calcio, atletica leggera (Olimpiadi di Atene e di Pechino). Franco Lauro (n. 1961), esperto di calcio mercato, giornalista e conduttore TV, si occupa di calcio e di basket).Ha commentato per circa un trentennio avvenimenti importanti (Mondiali di Calcio e di Basket) ed ha vinto numerosi premi giornalistici; in qualità di commentatore nel 1995 ha illustrato la storica medaglia d’argento agli Europei di Brno impresa della Nazionale femminile di pallacanestro allenata da Riccardo Sales, mentre, insieme a Dado Lombardi, nel 1999 ha commentato la vittoria in Francia del campionato d’Europa della Nazionale di pallacanestro dell’Italia di Bogdan Tanjevic. Alle Olimpiadi di Atlanta, nel corso dell’attentato terroristico, permane in studio per circa trenta ore consescutive per curare tutti i collegamenti con le reti e i Tg, mentre nel 2003 conduce con Giampiero Galeazzi l’edizione del cinquantenario de La Domenica Sportiva e Domenica Sprint nel 2004; e,dal 2005, 90º minuto Serie B. E,infine, last,but not least, il giornalista sportivo Jacopo Volpi (n. 1957, in RAI dal 1987) si occupa di calcio e di volley maschile e femminile, sarà vice direttore di Rai Sport e conduttore de La Domenica Sportiva (2006-2007) . Ha seguito e commentato le titaniche imprese della Nazionale Italiana maschile di Pallavolo di Julio Velasco, che,tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, vinse in successione il “triplete”: World League, i Campionati Europei e i Mondiali (1994) di basket, e fu proprio in occasione della vittoria azzurra ai Campionati Mondiali di Volley del 1994 svoltisi ad Atene che venne da lui coniata la definizione di In tale occasione coniò l’appellativo di Generazione di fenomeni per caratterizzar l’incredibile serie di successi del volley maschile azzurro.

    NOTA n2 su SETTEMBRE NERO A tutti è noto l’epilogo della storia, ma non tutti sanno che Settembre Nero alludeva al mese di settembre 1970, in cui re Hussein di Giordania aveva fatto intervenire l’esercito giordano contro le basi militari e i campi di addestramento palestinesi per massacrare migliaia di guerriglieri palestinesi attivi in Giordania, dove ormai sembrava che circolassero impunemente armati fino ai denti, e che si accingevano a sovvertire la sua autorità e a distruggere il suo regno.. I sopravvissuti venivano inseguiti uccisi o giustiziati senza processo, mentre proseguivano i bombardamenti dell’artiglieria giordana a tal punto che, pur di salvarsi, i guerriglieri palestinesi (ne furono uccisi tra i duemila e i settemila!), presi dal panico, attraversavano il fiume Giordano preferendo consegnarsi al loro acerrimo nemico di sempre: l’esercito israeliano che provvide subito a farli marcire quasi tutti in carcere. Tra i guerriglieri palestinesi in fuga alcune decine riuscirono a mettersi al sicuro in Siria e in Libano. Fu allora che Yasser Arafat, capo dell’organizzazione paramilitare palestinese al Fatah, decise di vendicare quelle varie migliaia di morti e costituì – all’interno di tale organizzazione- una frangia ultrasegreta (le cui identità erano ignorate persino dai suoi più stretti collaboratori) alla quale diede “carta bianca” . I suoi membri e affiliati dovevano operare senza limiti e senza freni e lasciare il “marchio” della loro ferocia e crudeltà, non senza aver prima provveduto a potenziarne con ogni mezzo la potenza di fuoco e l’assistenza logistica necessaria per colpire senza pietà i nemici della Palestina e per poter effettuare attentati clamorosi e devastanti in varie parti del mondo come quello messo a segno a Monaco nel 1972. Ufficialmente Settembre Nero non esisteva, ma di fatto Arafat ne era responsabile in toto avendo posto a capo del gruppo di fuoco un certo Abu Youssef, scelto tra gli alti dirigenti di al Fatah, mentre l’incarico di coordinare le operazioni fu affidato ad Alì Hassan Salameh, coraggioso, fanatico e scaltro figlio di Hassan Salameh, l’ultimo capo supremo delle forze armate palestinesi, caduto durante il conflitto arabo-iraeliano del 1948. Settembre Nero presentò quasi subito i suoi “biglietti da visita” con rappresaglie prima in Giordania e poi a Parigi (lancio di molotov contro l’ambasciata giordana), poi devastando a Roma con una bomba gli uffici della compagnia di bandiera giordana; e subito dopo dirottando in Libia un volo di linea giordano, sabotando l’ambasciata giordana a Berna. in Svizzera; nonché devastando una fabbrica di componenti elettronci in Germania Ovest e incendiando depositi di petrolio, sia in Germania (Amburgo), sia in Olanda (Rotterdam). La crudeltà e l’efferatezza del commando palestinese fu evidente nella cantina di un’abitazione privata a Bonn, dove essoi trucidarono cinque agenti segreti giordani, portando altresì a compimento in Egitto l’omicidio dell’ex-primo ministro giordano Wasfi Al-Tal nella hall dell’hotel Sheraton del Cairo. Ma già all’indomani dell’assalto al villaggio olimpico di Monaco i capi dei servizi segreti israeliani corsero ai ripari raccogliendo una miriade di informazioni su Settembre Nero. La decisione di scatenare una durissima rappresaglia segreta contro Settembre Nero spettava ora solo a Golda Meir, che, dopo aver riflettuto alcuni minuti, autorizzò quella che doveva essere di fato la fine di tale gruppo terroristico. Si decise di far intervenire il dipartimento operativo del Mossad, il celebre Massada, che avrebbe sguinzagliato i suoi uomini per mezza Europa e che avrebbero colpito con pari brutalità e ferocia a Roma (dodici pallottole calibro 22 misero a tacere per sempre il “mite” Wael Zwaiter, in realtà si trattava di uno dei principali e più pericolosi esponenti di Settembre Nero). Seguì subito dopo l’eliminazione,grazie ad una bomba telecomandata ad alto potenziale esplosivo, nascosta opportunamente sotto la scrivania dell’altrettanto inafferrabile e pericolosissimo “settembrino nero”, tale dottor Mahmoud Hamshari, il numero 2 di Settembre Nero in Europa!Poi toccò ad un altro “settembrino nero”, tale Abd el Hir, responsabile delle operazioni a Cipro e che alloggiava all’hotel Olympia di Nicosia. Anche questa volta gli agenti segreti del Massada si servirono di un ordigno esplosivo telecomandato posto sotto il letto del palestinese.Tuttavia Settembre Nero, a Madrid, riuscì a vendicare la morte di Abd el Hir, crivellando di pallottole un veterano del Mossad (Baruch Cohen), a ferire in un caffè di Bruxelles un altro agente segreto israeliano (Zadok Ophir) e ad eliminare, grazie a un pacco-bomba, l’attaché dell’ambasciata israeliana a Londra (il dottor Ami Shhedori).. La guerra tra spie continuò ad oltranza con l’uccisione, sempre a Cipro, da parte del Massada del successore di Abd el Hir, il quale fece la stessa fine di chi lo aveva preceduto.. Non appena spense la luce nella sua camera d’albergo di Nicosia saltò in aria.Inutile dire che Settembre Nero passò alla controffensiva cercando di attuare un dirottamento di uno dei velivili della El Al israeliana dopo averlo imbottito di esplosivo. L’aereo sarebbe dovuto precipitare proprio nel centro di Tel Aviv nell’intento di compiere un massacro di vaste proporzioni causando varie centinaia di vittime. L’operazione doveva partire da Parigi, ma il Massada anticipò le mosse di Settembre Nero, in quanto i suoi uomini già da qualche tempo stavano sulle tracce dell’insospettabile coordinatore operativo, un certo Basil Al-Kubaissi (tale fu l’identificazione del Mossad a cui erano state trasmesse alcune foto del “mite” docente di diritto all’Università americana di Beirut, reputato uno studioso eccellente dai propri colleghi; n realtà aveva già al suo attivo un tentativo fallito di assassinare sia il re iracheno Faisal. sia la stessa Golda M

  4. umberto esposito
    at |

    Per un errato scambio di file si rende necessario riproporre le due NOTE precedenti in maniera integrale. NOTA – IL CALCIO DALLA A ALLA Z ….ALLA RADIO E ALLA TV – DA NICOLO’ CAROSIO AI NOSTRI GIORNI
    La storia del calcio degli ultimi decenni è stata scritta, radio-raccontata o tele-raccontata da una schiera di validi e seri giornalisti della carta stampata, della radio e della TV. Alcuni di essi non si occupano solo di calcio, ma anche di altre discipline sportive, né sono dei giornalisti sic et simpliciter, in quanto anche spesso anche scrittori dalla penna “ fluida e scorrevole” la cui cultura tracima -per così dire- anche nel campo della cronaca della radio- e/o tele-cronaca sportiva creando in tal modo uno “stile” unico ed irripetibile. Il che si comprende subito se si pensa ad alcuni modi di dire e ad alcune locuzioni ormai quasi proverbiali usate da alcuni di essi; alcune delle quali passate alla “Storia” della radio e della televisione. Citiamo la prima che si affaccia alla mente – quella di Aldo Biscardi- rimasta famosa: “ Non parlate tutti insieme, al massimo due o tre per volta.”.
    Cominciamo la nostra carrellata “ giornalistica” sul calcio a partire da uno dei nostri contemporanei, il puntuale, “dotto” e simpatico Emanuele Dotto (n.1952), in RAI dal 1980 che – tra l’altro- si occupa con successo anche di ciclismo, Formula 1 e tennis. Marco Civoli (n. 1957), in RAI dal 1988; sua la celebre esclamazione in telecronaca diretta al termine della finalissima disputata dall’ Italia di Marcello Lippi contro la fortissima Francia di Zidane del 9 luglio 2006 in Germania subito dopo il gol “liberatorio”messo a segno da Fabio Grosso su rigore: “ Ed è gooooool! È finita! È finita! È finita! È finita! Il cielo è azzurro sopra Berlino! Siamo campioni del Mondo! Campioni del Mondo,,, » . Era davvero finita. L’Italia aveva vinto il suo quarto titolo mondiale ai calci di rigore per 5 a 3, dopo che la partita alla fine dei tempi supplementari si era chiusa sul risultato di parità (1-1),
    Nicolò Carosio (1907-1984), laurea in giurisprudenza, amante della musica (pianista), giornalista e…“il decano”dei radiocronisti alla EIAR ( poi RAI) del calcio a partire dal 1934 (per oltre trent’anni the voice delle radiocronache relative alla Nazionale Italiana di Calcio), ma anche il telecronista del “quasi goal” alla RAI partire dal 1954 fino al Campionato del Mondo di calcio Mexico 1970. Per sua fortuna, per motivi familiari, non seguì il Grande Torino a Lisbona, salvandosi la vita per puro caso; quella vita che avrebbe perso se fosse rientrato con l’aereo del Torino che andò a schiantarsi contro la Basilica di Superga! Figura caratteristica riecheggiata anche nel Cinema (il suo nome diventa comicamente “Al Caruso” nel film d’ispirazione parzialmente hitchcockiana, dal titolo La leggenda di Al, John e Jack (2002, il quarto della “serie”, diretto dal trio comico Aldo, Giovanni & Giacomo e da Massimo Venier. Nicolò Carosio finì per interpretare perfino se stesso -col suo inconfondibile “idioma” di radiocronista professionista- nel film L’arbitro (1974), interpretato da Lando Buzzanca, che fa “il verso” al famoso arbitro siciliano Concetto Lo Bello e dove figurano altri personaggi del calcio, tra cui anche Bruno Pizzul, per la regia di Luigi Filippo D’Amico. Sigla dei titoli di testi la canzone “Football Crazy”cantata da “Giorgione” Chinaglia. Nicolò Carosio collaborò al celebre fumetto Topolino e, stranamente e clamorosamente, non figura nel famoso (?) e “pomposo” Dizionario Biografico degli Italiani della tanto decantata Treccani.
    Riccardo Cucchi (n.1952), alla RAI dal 1979, anche radiocronista, si occupa anche di atletica leggera, canottaggio e scherma. Gianni Cerqueti (n, 1958), esordito come telecronista in RAI nel 1988; Giulio Delfino (n. 1967), in RAI dal 1991, si è occupato anche di pallanuoto, di ciclismo e di Formula 1; Filippo Corsini (n.1962, anche lui conduttore radiofonico di Tutto il calcio minuto per minuto. Bruno Gentili (n. 1954), alla radio dal 1978, al fianco di Sandro Ciotti e dell’indimenticabile Enrico Ameri (1926-2004, in RAI dal 1949, per eccellenza the voice tra i radiocronisti di Tutto il calcio minuto per minuto dal 1974 al 1991, trasmissione coordinata per circa 27 anni da Roberto Bortoluzzi (1921-2007, alla RAI dal 1944, anche conduttore radiofonico e radiocronista sportivo). Fu proprio di Bortoluzzi l’idea di creare una trasmissione come Tutto il calcio minuto per minuto, poi coordinata da Massimo De Luca (n.1950, anche conduttore radiofonico e conduttore televisivo; alla RAI dal 1976, ideatore e conduttore (1978-1987) della tuttora attiva trasmissione radiofonica Tuttobasket) e in seguito da colui che definisco “ il signore della cronaca sportiva”, l’indimenticabile Alfredo Provenzali (1934-2012, che si occupò, oltre al calcio, di nuoto, di pallanuoto, di ciclismo, fu amico di Luigi Tenco e da Belgrado, settembre 1973, raccontò il primato del mondo negli 800 stile libero ottenuto ai campionati del mondo di nuoto in vasca lunga,.
    da Novella Calligaris.
    Partecipazioni pluriennali a Tutto il calcio minuto per minuto furono anche quelle di Claudio Ferretti (n. 1943), alla RAI dal 1963, anche scrittore, conduttore radiofonico e televisivo oltre che radiocronista sportivo; si è occupato anche di atletica, pugilato, ciclismo, infine coautore con A. Frasca della Garzantina dello sport). Enzo Foglianese (n.1932), anche radiocronista, alla RAI dal 1963, si è occupato anche di ciclismo e di atletica leggera ed ha altresì tenuto corsi di tecnica di giornalismo radiofonico; Ezio Luzzi (n. 1933), conduttore fino al 1 aprile 2011 della scanzonata e fortunata trasmissione radiofonica Ho perso il trend in coppia con Ernesto Bassignano, programma ironico di politica e di gossip. Beppe Viola (1939- 1982); in RAI dal 1961 (alcune edizioni della Domenica Sportiva) fino alla sua morte a 43 anni; si occupato anche di pugilato, ippica, motori. E’ autore per la RAI di un lungo documentario sulla storica Mille Miglia, ha collaborato con Linus, ha scritto molte canzoni in coppia con Enzo Jannacci (tra esse Tira a campà e Statu quo); nel cinema è stato sceneggiatore e dialoghista (Romanzo popolare e Cattivi pensieri con Ugo Tognazzi), per il cabaret contribuì alla creazione dei testi del gruppo storico dei comici che facevano riferimento al Derby Club di Milano (tra essi citiamo i ben noti Massimo Boldi, Teo Teocoli, Cochi e Renato, Enzo Jannacci, Paolo Villaggio, Lino Toffolo ed altri. In suo onore è proseguito il Torneo Città di Arco – Beppe Viola, già noto anche come Torneo Arco di Trento, istituito nel 1972. Si tratta di un torneo calcistico, a cadenza annuale, a cui partecipano formazioni giovanili del panorama italiano ed internazionale. Ricordiamo ancora: Paolo Carbone (1938-2007 per infarto), fin dagli anni ’60 alla RAI, collaborò per quindici anni a Tutto il calcio minuto per minuto come inviato speciale e radiocronista .Si occupò, come curatore e conduttore, di Domenica Sport e La schedina; in televisione, e ,per due anni, di Domenica Sprint su Rai 2; nel 1994 fu scelto come conduttore di GR2 Radiogiorno. Massimo Valentini(1929-1984 per infarto), dal 1958 alla RAI di Firenze, restano agli atti i suoi servizi giornalistici e le sue interviste, raccolte fra gli abitanti di Firenze all’indomani della tragica alluvione di Firenze del 4 novembre 1966; servizi diffusi sia in ambito regionale (Gazzettino Toscano), sia nazionale (Telegiornale , Tv7 e Radiosera); fu anche radiocronista di Tutto il calcio minuto per minuto; a Roma dal 1976 fu uno dei conduttori dell’edizione serale del Tg1; nel pomeriggio del 26 agosto 1978 condusse la telecronaca dell’elezione di Papa Giovanni Paolo I, mentre il 13 maggio 1981 con grande tatto e professionalità si occupò in diretta dell’attentato al Papa Giovanni Paolo II il Grande, ma fu nella notte fra il 13 ed il 14 giugno dello stesso anno,che egli, conducendo da studio, diede vita ad una lunga edizione straordinaria del Tg1 in occasione della terribile tragedia di Alfredo Rampi, a tutti noto come “Alfredino”, il bambino che, nonostante una serie di disperati tentativi messi in opera da tecnici e volontari presenti sul posto, perse la vita in uno strettissimo pozzo nelle campagne di Frascati suscitando un vivo cordoglio a livello nazionale. Paolo Valenti (1922- 1990), alla RAI dal 1950, tifoso della Fiorentina, ma si seppe solo il 18 novembre 1990, tramite il ben noto radiocronista e telecronista Nando Martellini (1921-2004 ,the voice della vittoria dell’Italia di Bearzot al Mundial 1982 in Spagna. Valenti si occupò di atletica leggera, automobilismo, ciclismo (celebre il suo commento al “surplace” di circa mezz’ora del campione Antonio Maspes), pugilato (nel 1967 commentò uno degli “incontri del Secolo” tra i pesi medi Benvenuti-Griffith), nel 1970 fu l’ ideatore, realizzata con Maurizio Barendson (1923-1978), della “scuola napoletana” con Antonio Ghirelli (1922-2012) ed altri; e Remo Pascucci della celebre trasmissione 90° Minuto condotta da Valenti fino al 1990, quando – per Italia ’90- condusse anche Minuto Zero. In seguito 90° Minuto approdò, sempre grazie a Valenti, alla formula del cosiddetto “teatrino”, che ancora oggi riscuote grande successo. Per volontà della famiglia nel 2000 è stato istituito un premio biennale giornalistico al suo nome ( lo hanno vinto: Fabrizio Maffei (2000), Gianni Cerqueti (2002), Massimo Caputi(2005). Monica Vanali (2007). Alfredo Pigna (n.1926), amico del celebre scrittore Dino Buzzati e per anni conduttore della Domenica Sporiva in TV, si è occupato anche di sci alpino commentando le eroiche imprese di Alberto Tomba. Giorgio Bubba (n. 1936), corrispondente da Genova per le partite di Genoa e Sampdoria per 90° Minuto e la Domenica Sportiva. Bruno Pizzul (n.1938), laurea in giurisprudenza, ex calciatore, giocò nel Catania (1958), nell’Ischia , nell’Udinese e nella Cremonese, in RAI dal 1968, ha partecipato a ben note trasmissioni TV ( dalla Domenica Sportiva a Quelli che il calcio, ecc) ed è stato tra i più importanti tra i telecronisti di calcio ed è stato il commentatore della Partita del cuore –organizzata dalla Nazionale Italiana Cantanti- dal 1993 al 2002. La sua ultima telecronaca fu l’amichevole Italia-Slovenia (0-1), giocata a Trieste. Carlo Sassi (n. 1929), in Rai dal 1960, si è occupato della moviola (nata con lui nel 1967) fino al 1991, ha curato la Domenica Sportiva e, con Sandro Ciotti ha condotto Quasi Gol; dal 1993 ha affiancato Fabio Fazio e Marino Bartoletti in Quelli che il calcio.
    Filippo Grassia (n.1950), giornalista di Radio RAI, arcinoto al grosso pubblico per la trasmissione radiofonica La moviola? Guardiamola alla radio, diventata ormai un “classico” del genere, ed anche scrittore. E’ specializzato in Economia e Politica dello Sport, settore per il quale ha ricevuto importanti incarichi all’Assessorato Sport e Giovani della Regione Lombardia. Ha avuto la fortuna di lavorare al fianco di scrittori e giornalisti come Giovanni Arpino e Gianni Brera e si è distinto nelle varie collaborazioni con testate celebri (Il Giornale di Montanelli, il Guerin sportivo, La Stampa ed ha dato luogo a una serie di iniziative editoriali (con vari e importanti editori, da Mondadori a Sperling & Kupfer, ecc.) che spaziano su vari aspetti e discipline dello Sport (dall’atletica leggera ai vari sport dilettantistici), partecipando anche alla stesura di vari e ben noti libri “sportivi” (“ La Signora”(sulla Juventus), con Arpino; il volume celebrativo “Inter! 100 anni di emozioni”, con Oliviero Toscani; “Il mondo nel pallone” con Edgardo Signati e “La storia del volley”con Luigi Palmigiano), inclusa una Storia del Giornalismo sportivo italiano e scritti sul doping e sulla comunicazione ed organizzazione aziendale. Per i tipi dell’editore Vallardi ha pubblicato tre volumi sui grandi club di calcio italiani (“Inter”, due edizioni, “Juventus” e “Milan”); notevole è il suo palmares anche in campo associazionistico; nel campo della docenza universitario ha tenuto lezioni su varie branche dello sport (dalla comunicazione e metodologia della comunicazione, al marketing e management & sociology, alla dinamica dell’economia e della politica sportiva, sugli aspetti strutturali dello sport (impiantistica), sulla legislazione e medicina dello sport, su sport e mass media, sui linguaggi specialistici nello sport, sulla storia dello sport in Italia e del giornalismo sportivo (insegnato per un quadriennio all’ all’Università di Teramo), su diritto ed economia dello sport, organizzazione dello sport in Italia (presso il Csea di Milano) ed in varie università e scuole speciali: Università Statale di Milano, Università Cattolica di Milano, Università di Milano-Bicocca,’Università di Pavia, Politecnico di Milano, Università degli Studi di Firenze, Iulm, Università di Tor Vergata a Roma,European School of Economics di Milano e al Formaper di Milano.
    Gianni Minà (n. 1938), giornalista, scrittore e conduttore TV, già collaboratore per anni di la Repubblica, l’Unità, Corriere della Sera e il Manifesto, e già direttore di Tuttosport nel 1959, alla RAI dal 1960, oltre alle sue performances in notissimi programmi e trasmissioni RAI, è specialista su tematiche e problemi latinoamericani. Ha realizzato films, reportages. documentari e interviste che sono rimasti nell’immaginario collettivo e nella cultura degli Italiani e di quella dell’’America Latina per la loro pregnanza storica e per il lato umano che le contraddistingue. I suoi contributi multimediali spaziano dal calcio (da Nereo Rocco, a Diego Armando Maradona (di lui si occupò nel 2001 nel reportage-confessione di 70 minuti Maradona: non sarò mai un uomo comune ), da Michel Platini al brasiliano Ronaldo), al teatro (Eduardo De Filippo), al pugilato (Cassius Clay o Muhammad Alì (lungometraggio Cassius Clay, una storia americana.), Carlos Monzon), all’atletica leggera (Edwin Moses, Pietro Mennea), dalla storia contemporanea, al jazz e al soul (Ray Charles), entrando in contatto con attori (Robert De Niro, Jane Fonda) e registi del cinema (da Federico Fellini a Martin Scorsese, fino a Massimo Troisi), con la politica (Storia di Rigoberta sul Nobel per la pace Rigoberta Menchù; Immagini dal Chiapas (Marcos e l’insurrezione zapatista) presentato al Festival di Venezia del 1996; Marcos: aquì estamos (reportage in due puntate sulla marcia degli indigeni Maya dal Chiapas a Città del Messico) , con dittatori e rivoluzionari (Fidel Castro, con un’intervista-record di 16 ore nel 1987, ed il suo alter ego Ernesto Che Guevara, sul quale avrebbe realizzato il documentario Il Che trent’anni dopo e In viaggio con il Che (2004), primo premio al festival di Montreal e Nastro d’Argento in Italia), dall’automobilismo (Enzo Ferrari) alla musica leggera (dal cantautore, poeta, scrittore, anarchico monegasco Leo Ferré al brasiliano Chico Buarque de Hollande, a Pino Daniele a Lucio Dalla, a Venditti a Zucchero Fornaciari,ecc.), ai grandi scrittori del XX Secolo, come il Nobel colombiano Gabriel Garcia Marquez, il brasiliano Jorge Amado, lo spagnolo Manuel Vazquez Montalban. In Tv per la RAI ha condotto dal 1996 al 1998 il programma televisivo Storie dal quale sono stati tratti due libri e dove intervennero tra gli altri il Dalai Lama, Luis Sepulveda, Martin Scorsese, Naomi Campbell, John John Kennedy (1960-1999, avvocato e giornalista, morto in un incidente aereo, figlio di JFK), Pietro Ingrao. Numerosissimi i riconoscimenti e i premi ottenuti, tra essi ricordiamo ancora: il Premio Saint Vincent (miglior giornalista TV dell’anno),il Premio Flaiano e il Premio Vittorini per il giornalismo TV, al Festival di Berlino il premio Berlinale Kamera alla carriera (2007) per la collezione di documentari Cuban Memories, il “Premio Speciale Vittorio Mezzogiorno” al Giffoni Film Festival 2010, Gianfranco De Laurentis (n. 1939), in RAI dal 1972 ( Domenica Sprint, dal 1993 al 1994 direttore della TGS, la testata sportiva dei telegiornali della Rai (attuale Rai Sport), ha condotto La Domenica sportiva (1994-1995); Pole Position (1998- 2001), Gol-flash, Diretta sport, Eurogol, Numero 10 con Michel Platini e Stadio sprint.
    Giorgio Martino (n. 1942), in RAI dal 1968 al 2000, terzo telecronista di calcio dopo Nando Martellini e Bruno Pizzul si è occupato anche di ciclismo pallacanestro, nuoto e pallanuoto. sua Telecronaca per l’Italia al Mundial di Mexico 86 dello storico quarto di finale Argentina-Inghilterra per il gol capolavoro di Diego Armando Maradona e per il gol di mano (la mano de Dios) sempre del pibe de oro.
    Luigi Necco (n. 1934), appassionato di archeologia, dal 1978 al 1993 è stato telecronista della RAI (90º minuto), si mise in evidenza anche presso varie TV del Sud America allorchè, a Mexico 1986, dopo il goal con la mano all’Inghilterra, domandò a Maradona : “La mano de Dios o la cabeza de Maradona?” (La mano di Dio o la testa di Maradona); “Las dos” (Tutt’e due) gli rispose Maradona.
    Piero Pasini (1926-1981 per infarto in sede RAI a Bologna; già dal 1951sempre della sede RAI di Bologna, noto grazie a Tutto il calcio minuto per minuto, al Telegiornale, a 90º minuto e a La Domenica Sportiva.
    E stato l’unico giornalista testimone diretto – durante i Giochi Olimpici di Monaco di Baviera- dell’assalto compiuto alle ore 04.30 del mattino del 7 settembre 1972 al villaggio Olimpico da un commando palestinese composto da otto terroristi armati, volto coperto da passamontagna, che fecero irruzione nella dimora della squadra olimpica israeliana in trasferta a Monaco.
    Uccisero Moshe Weinberg, allenatore della squadra di lotta, e Joe Romano, campione di sollevamento pesi.
    Vari atleti risvegliati dalle urla e dagli spari saltarono dalla finestra salvandosi, ma nove di essi furono presi in ostaggio.
    Nonostante le autorità tedesche si dessero da fare dannatamente, rifiutando l’invio da parte di Israele del Sayeret Maktal, un commando scelto delle forze armate israeliane, al termine di estenuanti trattative tra rapitori e autorità tedesche i terroristi – ai quali i tedeschi avevano promesso di imbarcarli su un volo con destinazione ignota a loro scelta- riuscirono a farsi accompagnare, insieme ai loro ostaggi, all’aeroporto di Furstenfeldbruck presso Monaco.
    Ma il ridicolo tranello tramato dalla polizia tedesca – che fece in modo da mettere a disposizione dei terroristi un velivolo della Lufthansa vuoto, privo di equipaggio e a motori spenti- fu subito scoperto dai terroristi che aprirono il fuoco e lanciarono bombe a mano.
    Durante la breve guerriglia tutti gli ostaggi furono uccisi per mano dei terroristi.
    Tra questi ultimi ne vennero uccisi ben cinque, ma restò ucciso anche un poliziotto tedesco.
    Gli ultimi tre terroristi furono catturati, ma quasi immediatamente rilasciati non appena l’organizzazione Settembre Nero, di cui facevano parte, dirottò un volo della Lufthansa:
    Il ramsad alla testa del Mossad (i servizi segreti israeliani), il generale israeliano Zvi Zamir , subentrato da poco al suo predecessore Meir Amit, benché si trovasse a Monaco per ordine espresso di Golda Meir, il primo ministro “di ferro”israeliano, dovette assistere impotente a quella sceneggiata della polizia tedesca, che aveva provveduto a posizionare alcuni tiratori scelti ( qualcuno di parte israeliana li definì addirittura “presunti tiratori scelti”!) sui tetti dell’aeroporto circostanti la pista di decollo…(si veda la NOTA su Settembre Nero).
    Tutto il calcio minuto per minuto nacque grazie – come detto- da un’ idea di Bortoluzzi che ne fu l’ideale patron per 27 anni. Trasmissione poi perfezionata da Guglielmo Moretti (n. 1920), in RAI fino al 1976 conduce Domenica Sport. È stato caposquadra per i Giochi Olimpici di Los Angeles 1984 e, in seguito, capo del pool sportivo dei radiocronisti Rai, a Tutto il calcio minuto per minuto con Roberto Bortoluzzi e e con l’arcinoto Sergio Zavoli, allora responsabile della redazione radiocronache.
    Nel 1984 vinse il Premio USSI – “Una penna per lo sport,
    Sergio Zavoli (n. 1923), dal’47 al’62 alla radio in RAI, e, occupandosi di ciclismo, ideò poi il ben noto Processo alla tappa al seguito di vari giri d’Italia; nel periodo ’80-‘86 fu presidente della RAI, nel 1981 vinse il prestigioso Premio Bancarella per Socialista di Dio, è autore di innumerevoli e ben noti “diari” e “dossier in TV ed ha ricevuto altri numerosi premi giornalistici, in parallelo con la sua carriera politica di sinistra; è presidente della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno dal 2007.
    Tra i giornalisti sportivi più recenti troviamo: Enrico Varriale (n. 1960), dal 1986 alla sede RAI di Napoli, nel 1989 collabora su RAI3 con Aldo Biscardi. .. Varriale attualmente è a Rai Sport, a 90º minuto, alla Domenica Sportiva in onda su Rai 2. Dal 2008 conduce Stadio Sprint),
    Aldo Biscardi (n. 1930), già a Il Mattino e a Paese Sera, approda in RAI nel 1979, ideatore e conduttore del programma televisivo Il Processo di Biscardi (33ª edizione nella stagione calcistica 2012-2013), nel 1996 trasferisce Il Processo di Biscardi su Telemontecarlo, diventata La7 dal 2001 Carlo Nesti (n. 1955), alla RAI fino al 2010, con Nicolò Carosio (1934 e 1938) detiene il primato di essere stato l’unico radiotelecronista italiano a partecipare a due edizioni dei Mondiali (1982 e 2006) vinte dagli azzurri; dopo 21 anni (nel 2001) ritorna a Tutto il calcio minuto per minuto). Giampiero Galeazzi (n. 1946), ex canottiere italiano, partecipò alle selezioni per le Olimpiadi del 1968 a Città del Messico; per l’imponente fisico detto “Bistecccone”, tifoso della Lazio, conduttore TV (90º minuto, Domenica, Notti Mondiali) a Italia’90 e telecronista di calcio e canottaggio. Commoventi le sue telecronache alle Olimpiadi delle medaglie d’oro nel canottaggio dei fratelli Giuseppe e Carmine Abbagnale (Seoul 1988) e di Antonio Rossi e Beniamino Bonomi (Sydney 2000), nonché le emozionate interviste in occasione dello scudetto vinto dal Napoli.
    Stefano Bizzotto (n. 1961), giornalista (Gazzetta dello Sport dal 1986) e telecronista RAI di calcio, tiro al volo, tiro a segno, tuffi, hockey su ghiaccio e sci, dal 2003 conduce Domenica sprint. Giovanni Scaramuzzini (n. 1967), telecronista e radiocronista (prima radiocronaca per Tutto il calcio minuto per minuto nel 2009 ),si occupa di ciclismo, calcio, atletica leggera (Olimpiadi di Atene e di Pechino). Franco Lauro (n. 1961), esperto di calcio mercato, giornalista e conduttore TV, si occupa di calcio e di basket).Ha commentato per circa un trentennio avvenimenti importanti (Mondiali di Calcio e di Basket) ed ha vinto numerosi premi giornalistici; in qualità di commentatore nel 1995 ha illustrato la storica medaglia d’argento agli Europei di Brno impresa della Nazionale femminile di pallacanestro allenata da Riccardo Sales, mentre, insieme a Dado Lombardi, nel 1999 ha commentato la vittoria in Francia del campionato d’Europa della Nazionale di pallacanestro dell’Italia di Bogdan Tanjevic. Alle Olimpiadi di Atlanta, nel corso dell’attentato terroristico, permane in studio per circa trenta ore consescutive per curare tutti i collegamenti con le reti e i Tg, mentre nel 2003 conduce con Giampiero Galeazzi l’edizione del cinquantenario de La Domenica Sportiva e Domenica Sprint nel 2004; e, dal 2005, 90º minuto Serie B. E,infine, last,but not least, il giornalista sportivo Jacopo Volpi (n. 1957, in RAI dal 1987) si occupa di calcio e di volley maschile e femminile, sarà vice direttore di Rai Sport e conduttore de La Domenica Sportiva (2006-2007) . Ha seguito e commentato le titaniche imprese della Nazionale Italiana maschile di Pallavolo di Julio Velasco, che,tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, vinse in successione il “triplete”: World League, i Campionati Europei e i Mondiali di Baket (1994), e fu proprio in occasione della vittoria azzurra ai Campionati Mondiali di Volley del 1994 svoltisi ad Atene che venne da lui coniata l’espressione “ Generazione di fenomeni” per caratterizzar l’incredibile serie di successi del volley maschile azzurro.

    NOTA su SETTEMBRE NERO A tutti è noto l’epilogo della storia, ma non tutti sanno che Settembre Nero alludeva al mese di settembre 1970, in cui re Hussein di Giordania aveva fatto intervenire l’esercito giordano contro le basi militari e i campi di addestramento palestinesi per massacrare migliaia di guerriglieri palestinesi attivi in Giordania, dove ormai sembrava che circolassero impunemente armati fino ai denti, e che si accingevano a sovvertire la sua autorità e a distruggere il suo regno.. I sopravvissuti venivano inseguiti uccisi o giustiziati senza processo, mentre proseguivano i bombardamenti dell’artiglieria giordana a tal punto che, pur di salvarsi, i guerriglieri palestinesi (ne furono uccisi tra i duemila e i settemila!), presi dal panico, attraversavano il fiume Giordano preferendo consegnarsi al loro acerrimo nemico di sempre: l’esercito israeliano che provvide subito a farli marcire quasi tutti in carcere. Tra i guerriglieri palestinesi in fuga alcune decine riuscirono a mettersi al sicuro in Siria e in Libano. Fu allora che Yasser Arafat, capo dell’organizzazione paramilitare palestinese al Fatah, decise di vendicare quelle varie migliaia di morti e costituì – all’interno di tale organizzazione- una frangia ultrasegreta (le cui identità erano ignorate persino dai suoi più stretti collaboratori) alla quale diede “carta bianca” . I suoi membri e affiliati dovevano operare senza limiti e senza freni e lasciare il “marchio” della loro ferocia e crudeltà, non senza aver prima provveduto a potenziarne con ogni mezzo la potenza di fuoco e l’assistenza logistica necessaria per colpire senza pietà i nemici della Palestina e per poter effettuare attentati clamorosi e devastanti in varie parti del mondo come quello messo a segno a Monaco nel 1972. Ufficialmente Settembre Nero non esisteva, ma di fatto Arafat ne era responsabile in toto avendo posto a capo del gruppo di fuoco un certo Abu Youssef, scelto tra gli alti dirigenti di al Fatah, mentre l’incarico di coordinare le operazioni fu affidato ad Alì Hassan Salameh, coraggioso, fanatico e scaltro figlio di Hassan Salameh, l’ultimo capo supremo delle forze armate palestinesi, caduto durante il conflitto arabo-iraeliano del 1948. Settembre Nero presentò quasi subito i suoi “biglietti da visita” con rappresaglie prima in Giordania e poi a Parigi (lancio di molotov contro l’ambasciata giordana), poi devastando a Roma con una bomba gli uffici della compagnia di bandiera giordana; e subito dopo dirottando in Libia un volo di linea giordano, sabotando l’ambasciata giordana a Berna. in Svizzera; nonché devastando una fabbrica di componenti elettronci in Germania Ovest e incendiando depositi di petrolio, sia in Germania (Amburgo), sia in Olanda (Rotterdam). La crudeltà e l’efferatezza del commando palestinese fu evidente nella cantina di un’abitazione privata a Bonn, dove essoi trucidarono cinque agenti segreti giordani, portando altresì a compimento in Egitto l’omicidio dell’ex-primo ministro giordano Wasfi Al-Tal nella hall dell’hotel Sheraton del Cairo. Ma già all’indomani dell’assalto al villaggio olimpico di Monaco i capi dei servizi segreti israeliani corsero ai ripari raccogliendo una miriade di informazioni su Settembre Nero. La decisione di scatenare una durissima rappresaglia segreta contro Settembre Nero spettava ora solo a Golda Meir, che, dopo aver riflettuto alcuni minuti, autorizzò quella che doveva essere di fato la fine di tale gruppo terroristico. Si decise di far intervenire il dipartimento operativo del Mossad, il celebre Massada, che avrebbe sguinzagliato i suoi uomini per mezza Europa e che avrebbero colpito con pari brutalità e ferocia a Roma (dodici pallottole calibro 22 misero a tacere per sempre il “mite” Wael Zwaiter, in realtà si trattava di uno dei principali e più pericolosi esponenti di Settembre Nero). Seguì subito dopo l’eliminazione,grazie ad una bomba telecomandata ad alto potenziale esplosivo, nascosta opportunamente sotto la scrivania dell’altrettanto inafferrabile e pericolosissimo “settembrino nero”, tale dottor Mahmoud Hamshari, il numero 2 di Settembre Nero in Europa! Poi toccò ad un altro “settembrino nero”, tale Abd el Hir, responsabile delle operazioni a Cipro e che alloggiava all’hotel Olympia di Nicosia. Anche questa volta gli agenti segreti del Massada si servirono di un ordigno esplosivo telecomandato posto sotto il letto del palestinese. Tuttavia Settembre Nero, a Madrid, riuscì a vendicare la morte di Abd el Hir, crivellando di pallottole un veterano del Mossad (Baruch Cohen), a ferire in un caffè di Bruxelles un altro agente segreto israeliano (Zadok Ophir) e ad eliminare, grazie a un pacco-bomba, l’attaché dell’ambasciata israeliana a Londra (il dottor Ami Shhedori).. La guerra tra spie continuò ad oltranza con l’uccisione, sempre a Cipro, da parte del Massada del successore di Abd el Hir, il quale fece la stessa fine di chi lo aveva preceduto.. Non appena spense la luce nella sua camera d’albergo di Nicosia saltò in aria. Inutile dire che Settembre Nero passò alla controffensiva cercando di attuare un dirottamento di uno dei velivoli della El Al israeliana dopo averlo imbottito di esplosivo: L’aereo sarebbe dovuto precipitare proprio nel centro di Tel Aviv nell’intento di compiere un massacro di vaste proporzioni causando varie centinaia di vittime. L’operazione doveva partire da Parigi, ma il Massada anticipò le mosse di Settembre Nero, in quanto i suoi uomini già da qualche tempo stavano sulle tracce dell’insospettabile coordinatore operativo, un certo Basil Al-Kubaissi (tale fu l’identificazione del Mossad a cui erano state trasmesse alcune foto del “mite” docente di diritto all’Università americana di Beirut, reputato uno studioso eccellente dai propri colleghi; in realtà aveva già al suo attivo un tentativo fallito di assassinare sia il re iracheno Faisal. sia la stessa Golda Meir allora in visita proprio negli USA dove si era rifugiato dopo essere passato per il Libano, molto probabilmente subito dopo l’attentato sanguinario del 30 maggio 1972 all’aeroporto internazionale israeliano di Lod (26 vittime, per lo più pellegrini in Terra Santa, opera di un commando internazionale arabo-giapponese), quando lo stesso Al-Kubaissi entrò a far parte di Settembre Nero e si portò di nuovo a Parigi, dove la stessa Golda Meir stava partecipando ad un vertice internazionale socialista. Al-Kubaissi ci riprovò ancora ed ancora una volta fallì. Ma ormai il Massada era alle sue calcagna. Sopravvissuto ad un primo tentativo di eliminazione, quasi subito dopo fu di nuovo intercettato dagli uomini del Massada e crivellato da nove pallottole. Altri terroristi di Settembre Nero caddero sotto i colpi del Massada mentre cercavano di acquistare navi in Grecia per imbottirle di esplosivo e farle saltare in aria nei porti israeliani. Ma che fine aveva fatto Salameh, la “mente” del massacro di Monaco 1972? Quando, dove. e in che modo e da chi venne individuato ed ucciso?. Le risposte a tali domande non vengono qui riportate per ragioni di spazio. News a cura di U. Esposito tratte dal Codex Cervinarensis (Sezione Autobiografia) per gentile concessione dell’Autore.

Comments are closed.