“Chi festeggia Sant’Antuono, tutto l’anno ‘o pass’ bbuon”
San Polo dei Cavalieri: “Sant’Antogno allu desertu se magnea li maccarù, lu diavulu, pe’ despettu, glji ‘sse pià lu forchettò. … Sant’Antogno non se ‘ncagna: colle mani se li magna!!!” è una filastrocca che viene insegnata ai bambini del paese per far capire loro che la necessità aguzza l’ingegno e che con l’umiltà si può fare tutto
Falò di Sant’Antuone il 17 gennaio accompagnato da musica popolare con artisti di strada e degustazioni. Le piazze principali sono quelle di Ferrari e di Castello. Un corteo di popolani in festa al ritmo di tammurriate, montemaranese e pizziche, raggiungeranno i grandi fuochi
Spenta da poco l’eco delle festività natalizie, la festa di Sant’Antuono (meglio noto come Sant’Antonio Abate), il 17 gennaio, inaugurava il periodo del Carnevale. |
Il santo monaco – raffigurato con un maiale ed un rametto di ebano in mano – reo di essersi recato all’inferno per carpire, a favore degli uomini, il fuoco, era oggetto di una forte devozione popolare, le cui radici si perdono nella notte dei tempi. |
L’uomo, infatti, sin dall’antichità ha sacralizzato il fuoco, nella sua duplice veste di forza purificatrice (benefica) e distruttrice al tempo stesso. |
Incapace di sradicare suggestioni e simbologie ataviche, la tradizione cristiana ha attribuito a Sant’Antuono facoltà e prerogative di precedenti figure pagane – imparentate con gli dèi olimpici – come, ad esempio, quella di Prometeo. |
Il viaggio del Santo nel mondo degli inferi tramandatoci dalla tradizione, è – alla luce di quanto detto – inquadrabile nei riti di iniziazione che si facevano all’inizio del ciclo riproduttivo, e simboleggia il seguire la germinazione del seme, cioè la nascita della vita. |
Sant’Antuono diviene il santo custode del focolare, il baluardo contro gli incendi, il protettore degli animali, a cui, come per il fuoco, è legata la vita degli uomini; il santo è considerato anche patrono dei ceramisti e in generale di tutti coloro che, nel loro lavoro, hanno a che fare col fuoco. |
La raccolta della legna – che coinvolgeva ragazzi ed adulti insieme – iniziava generalmente dal giorno successivo all’epifania, ed era vissuta come una sorta di gara fra rioni a chi faceva il falò più imponente. |
Chiedendo la legna porta a porta, si usava recitare una filastrocca: Trikk’ trakk’ e trùon’, e ddamm’ ‘na lèuna p’ sand’Andùon’; si nn’ m’ la vò rà chi t’ pozza fà app’ccià (botti e tuoni, dammi un ciocco per sant’Antuono; se me lo neghi, che tu possa bruciare). |
Le alte lingue rossastre, le falistre guizzanti, il bagliore che tingeva l’ultimo crepuscolo e la notte incipiente, erano un motivo per stare insieme attorno al fuoco nel cuore dell’inverno, lasciando per alcune ore la solitudine dei focolari domestici. |