Estratto dal Codex Cervinarese di Onofrio Gallo

Riceviamo e mettiamo in evidenza
News tratte dal Codex Cervinarensis a cura di U. Esposito per gentile concessione dell’Autore”

 

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Prof. Onofrio Gallo


Vito Gennaro Gallo (1922-2992), allora giardiniere di Casa De Bellis, padre del futuro matematico cervinarese Onofrio Gallo (link)(n.1946 nella frazione di San Marciano di Cervinara), fu un carissimo amico del “Barone”, l’Avv. Carlo De Bellis, che spesso accompagnava al tribunale di Napoli. La famiglia dei nonni paterni era in relazione con il Barone Don Eugenio De Bellis e i suoi parenti. Il “mathematicus mirabilis”venne battezzato dal noto parroco Don Lione nella Parrocchia di San Marciano. alcuni giorni dopo la sua nascita(13 Maggio 1946). Suo padrino di battesimo fu il cugino del Barone Rosso ( Carlo De Bellis), S.E. Avv. Generale dello Stato Luigi de Bellis che abitava a Napoli in via Cimarosa anch’egli molto amico di “Genanrino” come i De Bellis chiamavano amichevolmente Vito Genanro Gallo che in seguito si traferì per lavoro in Venezuela dal 1948 al 1961.
Anche il nonno materno di Onofrio Gallo, l’indimenticabile nobiluomo Pasquale Bizzarro, commerciante di legnami, abitante nella frazione Pirozza dal 1903 al 1975, fu amico del Barone Rosso; anche se in seguito, per motivi contingenti, diventò consigliere comunale e uno dei più stretti collaboratori locali del più potente uomo politico mai vissuto a Cervinara, il Notaio Pasquale Clemente, Sindaco di Cervinara e Senatore della Repubblica. News a cura di Umberto Esposito tratte dalla Sezione

altre informazioni :

http://mito3.wordpress.com/2007/07/11/il-barone-rosso-di-cervinara/


“RENATO CACCIOPPOLI – ‘ O GENIO
In anteprima assoluta riportiamo un’autentica chicca tratta dal Codex Cervinarensis di Onofrio Gallo…Si tratta dell’inizio di un’opera del matematico cervinarese che “romanza”, col titolo ‘O Genio napulitane” ( Il Genio napoletano) le vicissitudini umane dell’eccentrico Prof. Renato Caccioppoli. Siamo certi di contribuire ad onorare il “mito Caccioppoli” anche con questo minimo indimenticabile affresco romanzesco che evidenzia – ove ve ne fosse bisogno- la grandezza del poeta e uomo di lettere che si cela nel geniale matematico Onofrio Gallo.
DA ‘O Genio napulitane” di Onofrio Gallo: “
L’ANTEFATTO
Avvertenza. Quanto stiamo per raccontare cade sotto il mio Principio di Disidentità.
E’ la prima volta che applico in termini narrativi tale sommo principio. Pertanto quanto segue è da considerare esclusivamente sotto il dominio di tale principio.
Nomi persone e cose sono frutti della fantasia dell’autore e, in virtù del citato principio, essi, anche se formalmente coincidenti (volutamente o per puro caso) con nomi persone e cose già noti, non devono indurre ad una, sic et simpliciter, conseguente ed univoca identificazione. Pertanto, ciò posto, possiamo affermare tranquillamente che ogni riferimento a fatti persone e cose accadute o esistiti è del tutto casuale. Nelle espressioni napoletane la “e” finale ( ma spesso anche qualche “e “intermedia), come in francese, è muta: ad esempio “‘o valle “ si legge “ o vall” e significa “il gallo”, come “’o pappavalle” si legge “ o papavall” e significa “il pappagallo”. Stabilita una regola fondamentale sulla pronuncia o semantica spicciola ( senza andare a scomodare, che so, la teoria stoica del “lektòn”o le teorie medievali della “suppositio” e senza stare a sottilizzare che, per esempio, “semantica” proviene dal greco “semainen” (indicare, significare)) e una regola, anch’essa spicciola, sulla scrittura e sulla lettura del dialetto napoletano, possiamo andare avanti con il napoletano…ovviamente con l’aiuto del testo italiano in parallelo.
Dovete or dunque sapere, miei quattro fortunati Lettori, che non tutti sanno quello che vi accingete ad apprendere più avanti, convinti come sono i più, erroneamente, che l’eccentrico Prof. Caccioppoli, ‘O Genio, fosse lo stesso di quello che, a suo tempo, fu definito ‘O Prufessore comunista”. Niente di più sbagliato!
Le cose non stanno così! Non cadete nella trappola di “identificare” anche voi due nomi che per natura non lo sono.
Il termine “comunista” è solo un indizio riferito al nostro personaggio; esso non costituisce affatto una “prova” a suo carico e, pertanto, va messo da parte indubitabilmente, in quanto già a suo tempo rimosso ed emendato dall’interessato. Del che ne abbiamo prove a sufficienza.
Ma soprattutto in quanto, volendo mantenere viva, anche in quel che segue, una certa coerenza logica e una certa continuità temporale, tale termine non può non essere cancellato una volta per tutte dall’insegna del personaggio che qui vogliamo delineare.
Si da il caso che vi sono molte altre cose che non tutti sanno sul conto del “nostro” Prufessore. Tanto per cominciare, la storia del pappagallo…
Nicola: “Scusate, Prufesso’, – ecco il primo che mi interrompe, …vediamo che cosa hai da obiettare, parla pure!- ma nun se trattave ‘e nu valle?” ( Scusate, Professore, ma non si trattava di un gallo?).
Giovanni: “E menu male ch’’o Prufessore t’’avev’ avvisate!” ( E meno male (sta “per fortuna”) che il professore t’aveva avvertito!).
No, cari amici, non si trattava affatto di un gallo…almeno nei primi tempi.
Dovete infatti sapere che, un bel giorno, in un pomeriggio di sole, passeggiando lungo il Rettifilo, proveniente da Piazza Garibaldi, mentre si recava a piedi all’Istituto di Matematica, situato in via Mezzocannone, ‘O Genio fu attratto dai giochi di luce riflessa dai colori pazzeschi di vari pappagalli e pappagallini contenuti in una voliera metallica, ampia ed alta, in esposizione davanti ad un’ uccelleria situata ad alcune centinaia di metri dall’ingresso principale dell’Università “Federico” II di Napoli, sullo stesso marciapiede, in direzione di Piazza della Borsa.
Chiese lumi all’uccelliere, già altre volte da lui interpellato circa l’acquisto di un pappagallo. Il negoziante era un uomo di media statura, occhi nerissimi e vispi, capelli grigi e radi, all’apparenza arcigno, occhiali spessi, baffi all’antica, portamento pappagallesco, avanti negli anni che ne avevano curvato in parte la schiena, grassoccio e rubicondo, da tutti conosciuto come ‘O Simpatico (Il Simpatico), di poche e misurate parole, insomma quelle necessarie per vendere i suoi uccelli agli avventori. Non fidandosi della sua memoria che andava sempre più peggiorando negli ultimi tempi, da un cassetto della sua bassa e consunta scrivania di legno scuro e adeguata alla sua altezza, il buon uomo tirò fuori prontamente un vero e proprio campionario avicolo. ‘O genio c’era già stato almeno cinque o sei volte in quell’uccelleria, ma non aveva mai trovato…il pappagallo che cercava. Ne voleva uno che lo facesse sognare con i suoi colori, che lo distraesse da quel suo fervore matematico, che fosse docile e intelligente, e che, soprattutto lo incantasse e lo deliziasse con la sua voce, con i suoi trilli i suoi canti e la sua compagnia.
‘O Simpatico: “No, Prufesso’, nun è chille ‘o pappavalle che fa pe’ vvuje! Finalmente, tenghe nu’ pappavalle che fa al caso vostro! Robbe ca nun s’era maje vist’’a Napoli e dintorni! Venite accà…Lo tengo appartato…E’ ‘na vera rarità…uno degli ultimi esemplari al mondo! Venite, Venite, Prufesso’!”( (No, Professore, non è quello il pappagallo che fa per voi! Finalmente ho un pappagallo, che fa al caso vostro! Roba che non si era mai visto a Napoli e dintorni! Venite qui…Lo tengo appartato…E’ una vera rarità…uno degli ultimi esemplari al mondo! Venite, Venite, Professore!)
‘O Genio non ci mise molto a capire che l’uccelliere diceva la verità
Se quei pennuti “esterni”, in voliera, lo avevano attratto, in quel pomeriggio assolato di luglio del 1926, per lo scintillio e i lampi riflessi dai loro piumaggi variopinti, quello che ora si trovava davanti ai suoi occhi lo incantava… spiccava per bellezza, per armonia dei colori, per il portamento maestoso ( la coda era lunga quasi un metro!) e per la voce limpida e cristallina; un pappagallo, insomma, che lui, ‘O Genio, non solo non aveva mai visto in vita sua, ma addirittura che non sarebbe riuscito ad immaginarlo forse neppure con la sua più fervida fantasia. Tanto era bello e armonioso!
Solo allora ‘O Simpatico, leggendo la meraviglia sul viso del suo cliente, cominciò ad elencare in bell’ordine tutte le speciali caratteristiche dell’eccezionale pennuto….
La sua “scheda didascalica” fu così ampia e così esauriente che, a quel punto ‘O Genio non solo acquistò il pennuto con grandissima gioia e soddisfazione, ma gli venne sponeamente di esclamare:
“ Simpatico’… vuje nun avite vennute nu pappavalle…Vuje vite fatte ‘na cosa assaje cchiù belle: m’avite appena dimustrate nu grande teorema! A chistu punte nun sacce cchiù si chiste è nun è nu pappavalle..o nu teorema!”
( Simpaticone…voi non mi avete venduto un pappagallo…Voi avete fatto una cosa assai più bella: mi avete appena dimostrato un grande teorema! A questo punto non so più se questo è un pappagallo…o un teorema!)
E per concludere, chiese “ Ma cumm’ avite ritte ca se chiamme ‘stu teorema,.. pardon! ‘Stu pappavalle?”
( Ma come avete detto che si chiama questo teorema…,pardon questo pappagallo?)
‘O Simpatico si affrettò a dire che il suo nome era “Pappagallo del Paradiso”, proveniva da …..
Nel frattempo ‘O Genio l’aveva già battezzato in cuor suo col nome di “Teorema del paradiso”!”
Il romanzo in questione (di cui abbiamo dato l’Incipit) è in un certo senso il “gemello” di un altro romanzo storico-matematico del matematico cervinarese ispirato ai due geni di Abel e Galois intitolato “Ultima Notte a Parigi- Storia di due geni incompresi”.
Nel ricordare il matematico Renato Caccioppoli, ecco come esordisce Onofrio Gallo – nel suo Codex Cervinarensis: “In questo Istituto solo tre persone sanno la Matematica: Gigino Allocca, Carlo Miranda e, modestamente, il sottoscritto”, parole dette da Renato Caccioppoli a più riprese che avrebbe potuto perfino campeggiare sull’ingresso dell’Istituto di Matematica di Via Mezzocannone, 8 della Federico II di Napoli, al pari della celebre massima platonica che appariva sull’ingresso della sua Acacdemia “ Non entri chi non sa di geometria”. Due erano i ”propilei” che idealmente sostenevano l’”Accademia “ di Caccioppoli: uno era il bidello Gigino Allocca (suo unico portavoce, ma non assistente) , l’altro era il gesuita Don Savino Coronato, suo unico assistente, ma non portavoce. Anche se in seguito Donato Greco divenne suo primo assistente. Un’autentica triade paradossale degli opposti era alla base delle relazioni interpersonali di Renato Caccioppoli. Una Sacra Trimurti o Santissima Trinità rappresentata in primus dalla coppia’”’O prufessore cumuniste” (il diavolo) e il suo assistente Don Savino Coronato (l’acquasanta); in secundus dalla coppia “’O professore”(genio dell’Analisi) e Gigino Allocca (genio dei bidelli), in tertius dalla coppia Don Savino Coronato (“O prevete”) e Gigino Allocca ( “O bidello”). Renato Caccioppoli, detto anche “’’O prufessore”, l’autoironico “genio” napoletano, docente di teoria dei gruppi, di analisi Superiore e di Analisi Matematica, nato a Napoli il 20 gennaio 1904 e morto ivi suicida l’8 maggio 1959 nel Palazzo Cellammare, del quale è stato celebrato nel 2004 il centenario della nascita -sempre a Napoli – con una serie di iniziative, secondo alcuni non proprio direttamente proporzionali alla grandezza matematica del personaggio. Non tutti sanno, ad esempio che, tra l’altro, ‘ O Genio fu insignito di un Premio dei Lincei (1932) e fu autore del cosiddetto Teorema di Caccioppoli, un caso particolare del teorema di Hahn-Banach, e che egli fu coautore del cosiddetto Criterio di Ghizzetti-Caccioppoli, anche se alcuni suoi risultati (a proposito dei quali sorsero delle “dispute”) sono noti con i nomi di altri autori, come Dubrovskij , Perron , Petrovsky, Rado, Stepanoff ,Young, Weyl ed altri: in altri casi tuttavia alcuni suoi metodi anticipano o vanno oltre gli analoghi apparsi in precedenza, come, ad esempio, quando rese noto un suo metodo sulle equazioni ellittiche (che fornisce le maggiorazioni a priori per la loro risoluzione) che generalizza il caso bidimensionale risolto in precedenza da Bernstein”. Da parte nostra aggiungiamo che – con Carlo Miranda, in occasione della sua “cattività manicomiale” per dirla con le parole di Onofrio Gallo – si occupò del problema degli ovaloidi ( e precisamente dell’esistenza di superfici convesse chiuse (dette,appunto, “ ovaloidi”) nell’ambito di una data metrica riemanniana) utilizzando il suo cosiddetto “principio generale di inversione”.
Ad ogni modo il cavallo di battaglia nelle ricerche di Analisi Funzionale di Caccioppoli si può ben dire sia costituito da cosiddetto “prolungamento di un funzionale”, da lui esteso ed utilizzato in vari contesti.
Così come non tutti sanno che le vicissitudini del Prof. Renato Caccioppoli, che indossava da vero dandy perennemente con elegante nonchalance quel suo inseparabile trench bianco-sporco un po’consunto, sono riportate quasi fedelmente, per chi ne volesse sapere di più, in un oscuro, ma prezioso libretto di circa duecento pagine dal titolo “Renato Caccioppoli- L’Enigma ” a firma di P.A. Toma, edito dalle Edizioni Scientifiche Italiane (1992, Napoli, Roma, Benevento, Milano).
Anche se la notorietà di Caccioppoli, ai nostri tempi, sembra essere quasi del tutto collegata al film di M. Martone dall’evocativo titolo “Morte di un matematico napoletano”, come nel caso del Nobel 1994 per l’Economia John Forbes Nash jr.(n. 13 giugno 1928 a Bluefield in USA), fatto passare per “genio dei numeri” da Sylvia Nasar, ma, soprattutto, celebrato nel noto film “A Beautiful Mind” (2001, per la regia di Ron Howard), una vera operazione mediatica di maquillage di un personaggio che prima impazzisce (rovinato da una profonda crisi depressiva nella corsa alla fama quando seppe di essere stato “anticipato” dal genio italiano Ennio De Giorgi (1928-1996) nella risoluzione “generale” del 19 Problema di Hilbert, che domandava“ Le soluzioni delle “lagrangiane” sono sempre funzioni analitiche?” ) e poi rinsavisce, o almeno come tale apparve in seguito. Al contrario di Caccioppoli che, arrestato per ben due volte (la prima per accattonaggio, avendo egli voluto sperimentare la vita di un clochard) e la seconda per “doppio” vilipendio del Partito fascista di Mussolini, quando si salvò dal carcere solo per intercessione dell’autorevole zia Marussia o Maria Bakunin, accademica, docente di Chimica al Politecnico che lo presento come folle, per cui fu ricoverato in un manicomio criminale “sub specie schizofrenica”. .
Anche se, in precedenza, passeggiando per via Caracciolo (ma, secondo alcuni, non si sa fino a che punto sia leggenda o verità) tenendo un gallo al guinzaglio,avrebbe inteso (cosa non intesa da tutti, se l’episodio è realmente accaduto), da un lato, non solo sbeffeggiare il potere fascista contro una disposizione che vietava di portare (come segno di non virilità da parte degli uomini) i cani al guinzaglio (compito esclusivamente femminile?), ma forse, soprattutto, dall’altro lato, in omaggio al suo “principio generale di inversione”, dimostrare la propria “virilità” (per nulla assopita !) alla moglie ventenne, tale Sara Mancuso (più giovane di lui di 16 anni) e al suo nuovo amante (a partire dal 1930) e convivente “ante litteram”(dal 1940 in poi), il dirigente comunista Mario Alicata, col quale ella aveva una relazione ormai decennale; fatto che, secondo alcuni, fu uno dei motivi principali per cui Caccioppoli, già di idee anarchiche per nascita -era pur sempre il nipote di Bakunin- e benchè attivo “comunista antifascista” in varie occasioni, non prese mai la tessera del PCI. L’altro motivo fu certamente dovuto alle sanguinose repressioni e ai crimini sovietici – ispirati dai più nefasti precetti di Stalin – commessi in occasione della rivolta d’ Ungheria del 1956.
Per quanto concerne il 19-mo Problema di Hilbert una risoluzione “particolare” (condizionata) era stata fornita dal matematico russo S. N. Bernstein (1880-1968) già appena quattro anni dopo la “sfida di Hilbert” (1900) a Parigi.
Ma non tutti sanno che un’altra risoluzione particolare del Problema 19 di Hilbert fu trovata nel 1935 dallo stesso Caccioppoli, il quale ne dimostrò l’analiticità per le soluzioni di classe C2.
In generale Caccioppoli nelle sue ricerche si occupò di Teoria della Misura e Teoria dell’Integrazione, di Analisi Funzionale (Teorema del punto fisso di Banach-Caccioppoli, 1930) e diTeoria delle Funzioni Analitiche delle Equazioni ellittiche
Non occorre sottolineare che l’eccentricità e la genialità di Caccioppoli urtava (e non poco!) la suscettibilità degli altri “cattedratici” italiani del tempo: basta leggere quanto sostenne a difesa di Caccioppoli lo stesso Mauro Picone (suo maestro ideale a e ancor più suo leale amico) che- al cospetto dei Lincei- affermò “..invece di ricevere gli onori, da tempo è stato costantemente sottoposto ad una campagna di insinuazioni delle più volgari e ingiustificabili da parte di alcuni matematici abbastanza affidabili. Qui l’Accademia dei Lincei ha l’obbligo di intercedere, dal momento che sono soprattutto sostenitori fervidi dei valori della nazione, disconoscendo quei denigratori volgari”. Se formalmente, nel 1953, l’Accademia di Lincei finì per conferire a Caccioppoli il Premio Nazionale di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali, si può ben dire che quelle di Picone furono parole che entrarono da un orecchio e uscirono dall’altro nella maggioranza dei Lincei presenti e che, in fin dei conti fecero più male che bene alla causa del matematico napoletano, il cui nome non s’impose mai a livello internazionale lui vivente (come Caccioppoli stesso si auspicava da tempo); per cui si può ben tristemente constatare che la sua fama – lui vivente- non oltrepassò mai il clima sottilmente ostile dei “colleghi” sparsi sull’italico stivale, né andò oltre il “soglio pontificio” della “sua” Accademia Napoletana in quel di via Mezzocannone, specie nel fatale momento in cui si udì riverberare nei cieli di Napoli (come un suono cupo e liberatorio impresso idealmente dal pugno di Caccioppoli sui tasti delle note più basse del suo amatissimo pianoforte) quel mortale colpo di rivoltella, in quel tragico 8 maggio 1959 nella sua casa di Cellammmare, che gli tolse la vita in modo del tutto simile a quello di Evariste Galois, uno dei matematici a lui più congeniale e di certo il più amato da lui in assoluto. In extremis Caccioppoli sembrava aver fatto coscientemente ricorso al suo “principio generale di inversione”: aveva scambiato per sempre la sua tormentata vita presente con la sua imperitura gloria futura.
Una sintesi della personalità eccentrica e per certi aspetti anche enigmatica di Renato Caccioppoli fu tratteggiata dal Prof. Carlo Miranda (1912-1982) “esemplare e indimenticabile gentiluomo della matematica” (come lo definisce nel suo Codex Cervinarensis il matematico Onofrio Gallo, che lo conobbe di persona nel 1973 in quel di Palermo),il quale scrisse, in onore di Caccioppoli, il seguente necrologio:
“Non amava il lavoro di lima e di rifinitura, ma preferiva affrontare costantemente problemi nuovi e con l’intuito geniale di cui era dotato sapeva spesso precorrere i tempi aprendo nuove vie al progresso della scienza. Pianista talentuoso, poliglotta ( ma spesso preferisce esprimersi, anche con gli studenti, in napoletano schietto), fine conoscitore della poesia francese, causer famoso per le sue battute al vetriolo, appassionato di teatro e cinema, Caccioppoli fu uno dei protagonisti della vita culturale, politica e anche mondana della Napoli del dopoguerra”
Una volta parlando del suicidio di Caccioppoli, Onofrio Gallo ebbe a chiedersi: “La sua follia aveva prevalso sulla sua ragione o la sua ragione aveva annullato per sempre la sua follia? In questa occasione -per celebrare il prossimo 108-mo anniversario della nascita di Caccioppoli- riteniamo utile riportare, sempre dal Codex Cervinarensis di Onofrio Gallo- uno dei tre “pezzi facili facili per solisti della matematica” , come li ama definire il matematico cervinarese.
● LA RETTA DI CACCIOPPOLI
Un tale, convinto di essere “Un Matematico Vero”, si presentò al cospetto dell’eccentrico matematico napoletano Renato Caccioppoli (1904 – 1959, suicida), titolare di Analisi Matematica alla “Federico II” di Napoli, per sostenere il relativo esame.
Dell’episodio ricordato dal Prof. Donato Greco, di origine cervinarese e primo assistente di Caccioppoli, viene di solito ricordata solo la seconda parte.
Durante tale esame Caccioppoli chiese al suo studente di disegnare alla lavagna una retta.
Lo studente disegnò una linea dritta, ma Caccioppoli non era soddisfatto, quella non era una retta. Lo studente allungò la linea a destra e a sinistra, ma il professore non era ancora soddisfatto.
Allora quello disegnò una retta lunga quanto le tre lavagne adiacenti presenti su una delle pareti dell’aula e si fermò; ma Caccioppoli gli intimò di continuare dal lato destro.
Allora lo studente passò il gesso sul muro fino ad arrivare alla porta dell’aula.
Fu proprio in quel momento che il professore pronunciò il suo fatidico “Se ne può andare. L’esame è concluso. Lei è bocciato!”
Tuttavia la prima parte (non riportata dalle cronache, ma che fu raccontata postuma da uno dei presenti di allora, amico del futuro matematico cervinarese Onofrio Gallo, che la riporta nel suo Codex Cervianrensis tra i vari aneddoti che vi figurano) sembra che consistesse in una breve discussione sul fatto che lo stesso esaminando, in un passaggio relativo alla dimostrazione di un teorema di analisi, ad un certo punto, interveniva la cosiddetta “funzione gamma” di Eulero (un’estensione del concetto di fattoriale ai numeri complessi), che, se z è un numero complesso, allora- sosteneva lo studente con forza- doveva necessariamente essere Im(z)!=0…altrimenti il teorema che stava dimostrando non si poteva dimostrare….suscitando le ire e il disgusto dello stesso Caccioppoli.
A quel punto, ‘O Genio, come l’eccentrico docente veniva chiamato, interruppe bruscamente per qualche minuto il colloquio; e, solo dopo aver sbuffato come una locomotiva con la sua pipa, si riavvicinò alla lavagna, dove il candidato era rimasto di sasso, dicendo…”Ritengo per certo che lei si ritiene di certo “un matematico vero”, tenuto conto delle sue argomentazioni precedenti, in ogni caso non intendo indagare oltre sulla sua preparazione in Analisi…”
E, nell’intento di dargli il “colpo di grazia”, aggiunse con fare distratto:”Vediamo tuttavia di giungere per altra via alla conclusione che lei “erroneamente” ritiene “necessaria”, ma che come le dimostrerò tra breve non è affatto tale…Mi disegni dunque una retta r….” con quel che segue.
Non appena il malcapitato abbandonò la scena, Caccioppoli esplose in un altro dei suoi monologhi critici contro certi modi di studiare e di presentarsi a sostenere l’esame di Analisi da parte di certi candidati che, essendo ancora degli sbarbatelli in materia, si sentivano già dei “matematici veri”.
Ad un certo punto il luminare, dopo aver chiesto ai presenti se avessero mai sentito parlare del “teorema degli specchi”, essi, incuriositi al massimo, si domandavano febbrilmente: “ Ma cosa sarà mai questo “teorema degli specchi”?”.
‘O Genio, imperturbabile, si riavvicinò alla lavagna e, gesso in mano, vi scrisse sopra in alto : Teorema degli Specchi e sotto …A //B e aggiunse a voce “ Se A e B sono due specchi piani paralleli posti a distanza d tra loro, esiste almeno “un matematico vero” M che situato nel punto medio di d, per riflessione indefinita, sia autoconvince che, avendo moltiplicato, all’infinito la sua immagine, anche le sue capacità matematiche ne risultano ingigantite oltre ogni limite”
Ritornato a sedere dietro alla cattedra, accanto ai suoi assistenti Greco e Coronato, aggiunse poi: “ In realtà si tratta di menti molto limitate, di ridicoli e zotici ragionatori, degni personaggi della celebre “’A Paperetta da tre ssorde”, nota parodia napoletana di quella di brechtiana memoria, che, se un giorno, per puro caso, dovessero mai insegnare qualche argomento di matematica a qualcuno, mostrerebbero impenitenti il loro lato comico-surreale, non raro “pregio” in costoro che non solo hanno il coraggio, ma perfino l’ardire di autodefinirsi “ matematici veri”, al punto che sarebbe perfettamente inutile chieder loro chiarimenti su qualche questione. Essi ripeterebbero e sosterrebbero con forza, per ore e ore, forse per anni, demenzialmente, sempre la stessa tesi-cantilena nella stessa forma…col risultato di non spiegare un bel niente a nessuno! “
E rivolgendosi infine a tutti i presenti : “Dovete dunque sapere che tali soggetti sono viscidi e pericolosi come serpenti e che,… state pur certi, essi nulla hanno a che vedere con la “vera matematica”, e concluse: “Ora chiudete pure la porta d’ingresso di quest’aula; non vorrei essere importunato ancora una volta da qualche altro “moscerino” travestito da “matematico vero” , del genere cafonesco so-tutto-io”.
News tratte dal Codex Cervinarensis a cura di U. Esposito per gentile concessione dell’Autore”

Estratto dal Codex Cervinarese di Onofrio Galloultima modifica: 2013-07-09T08:31:00+02:00da terredibriganti
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